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Celle solari bifacciali in CIGS, una nuova promessa

Celle solari bifacciali in CIGS
Credits: Empa

Le prime celle solari bifacciali in CIGS con alte efficienze

(Rinnovabili.it) – Se hai mai sentito parlare del fotovoltaico bifacciale, saprai anche che lo standard di settore impiega rigorosamente silicio cristallino. Una scelta dettata non solo dalla dimestichezza dell’industria solare con questo storico semiconduttore, ma anche da una serie di vincoli tecnici. La ricerca sta testando, infatti, anche altri materiali nel design a “doppia faccia”, ma le efficienze ottenute sino ad oggi sono state abbastanza deludenti. È il caso delle celle solari bifacciali in CIGS, ossia (di)seleniuro di rame indio gallio. Questo semiconduttore viene già utilizzato come materiale adsorbente nel fotovoltaico a film sottile, si è ritagliato una nicchia di mercato e ha toccato picchi di conversione luce-elettricità del 22% (record EMPA del 2022). Peccato che, una volta inserito in un design bifacciale, i valori si abbassano drasticamente anziché aumentare.

Per capire il problema è necessario compiere qualche passo indietro.

Affinché una cella fotovoltaica bifacciale sia in grado di raccogliere la luce solare riflessa sul lato posteriore, è necessario introdurre nell’architettura un contatto elettrico otticamente trasparente. Ciò si ottiene utilizzando un ossido conduttivo trasparente che sostituisce il contatto posteriore opaco in molibdeno del fotovoltaico convenzionale.

Il processo con cui si produce il film sottile in CIGS richiede però temperature così alte (>550 gradi) da interferire con il contatto posteriore trasparente. Nel dettaglio il calore favorisce la formazione di un strato di ossido di gallio tra semiconduttore e l’ossido conduttivo che blocca il flusso di corrente. Un problema non da poco e che, fino a ieri, ha frenato molto le speranze in questo segmento. I valori più alti raggiunti in cella solare bifacciale in CIGS sono stati, infatti, del 9,0% per il lato anteriore e del 7,1% per il lato posteriore.

A superare l’ostacolo è oggi un gruppo di ricercatori degli EMPA, i Laboratori federali svizzeri per la scienza e la tecnologia dei materiali. Gli scienziati hanno messo punto un processo a bassa temperatura in grado di ridurre la produzione di ossido di gallio. Il segreto? Impiegare una piccola quantità di argento per abbassare il punto di fusione della lega CIGS ma ottenere comunque strati assorbenti con buone proprietà elettroniche. I test effettuati sulla cella hanno mostrato efficienze record del 19,8% per l’illuminazione anteriore e del 10,9% per l’illuminazione posteriore. Non evidenziando alcuna formazione di ossido di gallio. I valori sono stati certificati in maniera indipendente dal Fraunhofer Institute for Solar Energy System. Il team si è spinto anche oltre creando una cella solare bifacciale tandem in CIGS e perovskite e oggi punta a efficienze sopra il 33%.

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