(Rinnovabili.it) – La ricerca fotovoltaica continua a spingere un po’ più lontano il proprio limite. L’obiettivo è sempre lo stesso: riuscire a sfruttare una porzione man mano maggiore dello spettro luminoso. Per le celle solari tradizionali, infatti, è possibile convertire solo il 30% della luce incidente in elettricità, percentuale che a oggi rimane ancora tutta teorica per le unità a singola giunzione. Le componenti spettrali, di lunghezze d’onda per così dire “non in sintonia” col semiconduttore impiegato, passano attraverso le celle solari o sono perse sotto forma di calore.
Uno dei modi più semplici per aggirare il problema consiste nel impiegare più di un materiale fotoattivo: gli esperimenti attuati fino ad oggi a livello mondiale hanno raggiunto il record di efficienza del 46 per cento grazie ad celle solari a quadrupla giunzione, che mettono insieme differenti semiconduttori ognuno in grado di assorbire una porzione diversa dello spettro.
La nuova generazione di celle solari ad alta efficienza
In Giappone c’è chi sta riprogettando il fotovoltaico per portare questo stesso limite oltre il 50 per cento. Si tratta del team di ricercatori dell’Università di Kobe, guidati dai professori KitaTakashi e Asahi Shigeo. Come spiega l’articolo pubblicato nell’ultima edizione di Nature Communications, il lavoro degli scienziati nipponici si è focalizzato su un particolare meccanismo di ripescaggio dei fotoni persi.
Il sistema era stato studiato in precedenza da diversi lavori universitari, tra cui quello svolto dall’Università di Milano-Bicocca: consiste nel riuscire a catturare la radiazione normalmente sprecata,convertendola in fotoni ad alta energia (il cosiddetto meccanismo di up-conversion) che vengono poi facilmente assorbiti dai dispositivi.
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Il lavoro svolto dal team giapponese propone un nuovo design dotato di un’interfaccia in etero giunzione, a sua volta formata dai semiconduttori con differenti bandgap. La cella sfrutta il meccanismo di up-conversion a due fotoni. Cosa significa? Che è in grado di catturare due fotoni normalmente scartati perché energeticamente troppo bassi, passando la loro energia ad uno dei componenti dell’interfaccia, l’arsenurio di gallio, e ottenendo così un fotone con un livello di energia maggiore, che la cella può impiegare normalmente. Il risultato è un aumento della fotocorrente e del voltaggio, con un nuovo limite teorico stimato intorno al 63 per cento. “Questi risultati – spiegano gli scienziati – suggeriscono che il sistema di up-conversion a due fotoni possiede un alto potenziale per la produzione di celle solari ad alta efficienza di nuova generazione”.
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