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Celle fotovoltaiche dagli scarti d’uva, dal brevetto al mercato

Firmato l’accordo tra Università Ca’ Foscari Venezia e Serena Wines 1881: insieme avvieranno la prototipazione delle prime celle organiche con colorante estratto direttamente dalla feccia di vinificazione

Celle fotovoltaiche scarti uva
Credit: Università Ca’ Foscari Venezia

Al via il progetto di ricerca biennale sulle nuove celle fotovoltaiche dai rifiuti vitivinicoli

(Rinnovabili.it) – Nascono dagli scarti di uno dei più importanti settori del Made in Italy, le nuove celle fotovoltaiche organiche italiane. Parliamo delle nuove dye-sensitized solar cell con coloranti estratti direttamente dagli scarti dell’uva, preziosa innovazione lanciata lo scorso anno, non a caso, dal palco di Vinitaly. Il primo prototipo realizzato è stato il frutto del progetto CHEERS, iniziativa condotta dall’Università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine, Università di Malaga, Fondazione Università Ca’ Foscari Venezia e l’azienda Serena Wines 1881. Ora la società ha acquisito la piena titolarità del brevetto e, grazie all’accordo di collaborazione sottoscritto stamane con l’ateneo veneziano, l’invenzione potrà passare alla fase di prototipazione e ad una eventuale produzione e distribuzione commerciale.

 

“Siamo felici di questa collaborazione con Serena Wine 1881, un esempio significativo dell’impatto che la collaborazione impresa-ricerca scientifica può avere sul piano del progresso tecnologico e dell’innovazione dei processi economici e dei sistemi produttivi”, commenta il Rettore dell’Università Ca’ Foscari Michele Bugliesi – La capacità brevettuale gioca un ruolo strategico per le aziende e la loro competitività, tanto più in settori chiave quale quello della sostenibilità, che oggi costituisce uno dei cardini nelle linee di sviluppo aziendale e un elemento di crescente interesse per gli investitori”.

 

Celle fotovoltaiche dagli scarti d’uva, come funzionano?

Il lavoro svolto dal gruppo si è concentrato sulla realizzazione di una dye-sensitized solar cell (DSSC) o Cella di Gratzel, ossia una cella solare in cui il materiale attivo è costituito da un colorante organico. Non è ovviamente la prima volta che la ricerca sui pannelli solari si affida a pigmenti naturali estratti da ortaggi, fiori, frutti e pesino foglie. Tuttavia, il metodo brevettato da Ca’ Foscari e Serena Wines 1881 è il primo che estrae il colorante da usare direttamente dalla “feccia”, lo scarto di produzione e chiarificazione del vino.

Il pigmento così ottenuto costituisce il cuore della cella fotovoltaica: cattura i raggi solari trasferendo elettroni ad uno strato costituito da nanoparticelle di biossido di titanio poroso. Una soluzione elettrolitica trasporta invece la lacuna elettronica in direzione del controelettrodo.

 

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L’efficienza di questi dispositivi è notevolmente più bassa del fotovoltaico tradizionale in silicio, ma offre comunque dei vantaggi, a cominciare dai bassi costi. Non solo. Come spiega Elisa Moretti, professoressa di Chimica dei nanomateriali presso Ca’ Foscari e inventrice del brevetto, questo tipo di cella offre un’importante alternativa sia sotto il profilo delle metodologie costruttive eco-friendly, permettendo un riciclo a basso impatto ambientale, “sia per l’efficienza di conversione energetica in caso di clima nuvoloso o illuminazione artificiale”.

“L’energia che il sole continuerà a regalarci per miliardi di anni è un’eccezionale opportunità”, ha dichiarato Moretti. La nostra ricerca […] è animata da grande passione, ma anche dalla consapevolezza del momento storico in cui una scoperta scientifica si concretizza: viviamo in un pianeta in affanno, stremato da un eccessivo sfruttamento”.