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Celle fotovoltaiche organiche, più economiche grazie alla papaya

Un gruppo di ricercatori della TU Delft ha trovato un metodo alternativo per la fabbricazione di film sottili di biossido di titanio impiegando un enzima della papaya

Celle fotovoltaiche organiche
Credits: Japanexperterna.se – (CC BY-SA 2.0)

Passi avanti per la produzione sostenibile di celle fotovoltaiche organiche

(Rinnovabili.it) – Dalla dieta all’energia solare: i benefici della papaya approdano in campi insospettabili. La speciale contaminazione è opera di un gruppo di ricercatori della Delft University of Technology, nei Paesi Bassi, al lavoro sulle celle fotovoltaiche organiche.

Il team cercava un metodo alternativo per la fabbricazione di film sottili di biossido di titanio (titania). Questo semiconduttore nanocristallino ha la funzione di aumentare la superficie attiva della cella, garantendo così una più elevata efficienza nell’assorbimento della radiazione. Tuttavia i metodi di fabbricazione, attualmente utilizzati per creare tali film, richiedono temperature elevate e costose tecnologie

I ricercatori della Delft University of Technology hanno, però, trovato un modo per ottenere la pellicola di titania in maniera semplice e a temperatura ambiente. In un recente articolo pubblicato su Advanced Sustainable Systems (testo in inglese), il gruppo spiega come abbia usato un enzima della papaya – la papaina – in una procedura chiamata “rivestimento a immersione”. 

“Il semplice riscaldamento in un normale forno domestico ha portato all’evaporazione della maggior parte del materiale organico, lasciando dietro di sé film porosi di TiO2”, ha spiegato il dottor Duncan McMillan, ricercatore di TU Delft.

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I poteri benefici della papaya sul fotovoltaico organico

Usando il nuovo processo di produzione, il ricercatore Edward van Amelrooij ha creato i primi dispositivi di test, ossia alcune Dye Sensitized Solar Cells (DSSC). Si tratta di celle fotovoltaiche organiche che accoppiano un materiale nanocristallino semiconduttore ad ampio band gap (in questo caso il TiO2) ad un monostrato di molecole di colorante“Gli attuali metodi di produzione richiedono condizioni di vuoto o un’attrezzatura specializzata per scaldare i campioni a 600°C”, spiega McMillan. “Questo non solo rende il processo molto costoso, ma produce anche strati piatti che non possono essere impilati, producendo una superficie limitata”.

Il nuovo metodo, al contrario, utilizza una veloce deposizione guidata dagli enzimi, seguita dall’evaporazione che può essere ottenuta in un semplice forno domestico. Sorprendentemente, si è scoperto che in questo modo è possibile impilare fino a 50 di questi strati di biossido di titanio altamente porosi. “Riteniamo che ciò – hanno aggiunto gli scienziati – comporterà elevate efficienze di celle solari se combinato con tecnologie esistenti”.

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