Una cella solare quasi invisibile da integrare ovunque
(Rinnovabili.it) – Arriva dal Giappone e più precisamente dalla Tohoku University di Sendai, il nuovo fotovoltaico trasparente. Qui un gruppo di ricercatori, guidati dal professore Toshiaki Kato, ha messo a punto una cella solare quasi invisibile in grado di produrre elettricità e far passare contemporaneamente l’80% della luce incidente.
Un risultato importante se confrontato allo stato dell’arte. Negli ultimi anni i dispositivi solari trasparenti hanno attirato parecchie attenzioni grazie all’ampia gamma di integrazioni possibili. Tuttavia, nonostante i continui progressi nel campo grazie alla perovskite e ai semiconduttori organici, la trasparenza visibile media non ha mai superato il 70%.
Tra i candidati più promettenti per questa tecnologia, c’è oggi una famiglia di materiali semiconduttori bidimensionali chiamati TMDC e formati da un metallo di transizione e un elemento del gruppo 16 della tavola periodica. Nella pratica si presentano come una sorta di foglio atomico trasparente e flessibile, quasi perfetto per il compito da svolgere. A patto di impiegare un substrato ed elettrodi altrettanto trasparenti.
La ricetta della trasparenza
Il lavoro della Tohoku University è partito da qui creando una cella con una giunzione metallo/semiconduttore (detta giunzione Schottky) a base di ossido di indio-stagno (ITO), come elettrodo, e disolfuro di tungsteno (WS2) – un TMDC – come strato fotoattivo. Il team di scienziati è riuscito a controllare con precisione l’interfaccia tra elettrodo e semiconduttore, inserendo un sottilissimo strato di rame e uno di triossido di tungsteno (WO3).
Il design ha permesso non solo di ottenere una cella solare quasi invisibile a occhio nudo ma anche di aumentare di oltre 1.000 volte l’efficienza di conversione rispetto un dispositivo simile ma con elettrodo ITO semplice. Il gruppo ha anche studiato la fabbricazione su larga scala, creando una piccola cella da un 1 cm2, con una potenza di 420 pW e un valore molto di trasmissione media della luce visibile del 79%. “Utilizzando questa tecnologia, in futuro sarà possibile generare piccole quantità di energia in vari ambienti intorno a noi”, si legge nella nota stampa dell’Ateneo. “E possiamo aspettarci contributi sociali innovativi in grado di risolvere allo stesso tempo problemi energetici e ambientali”. La ricerca è stata pubblicata su Nature (testo in inglese).