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In Brasile il fotovoltaico cresce ma con l’affanno

Technicians working on solar panels

In Brasile il fotovoltaico cresce ma con l’affanno

 

(Rinnovabili.it) – Era stato individuato dagli analisti di settore come uno dei mercati più favorevoli allo sviluppo fotovoltaico.  Nonostante la crisi economico-politica, il programma governativo per sostenere la generazione distribuita e il nuovo orientamento della Banca di Sviluppo brasiliana  (BNDES) avevano da subito fatto sperare in una crescita sana del mercato solare nazionale.

 

Eppure, dopo un inizio davvero promettente, il Brasile ha iniziato ad accusare le prime difficoltà. Costi elevati e misure protezionistiche stanno scoraggiando gli investitori e relegando molti dei progetti fotovoltaici, ufficialmente già approvati, nello stanzino delle idee.

 

La politica brasiliana sull’energia solare ha i suoi meriti: in soli tre anni la produzione fotovoltaica è più che raddoppiata, con impianti su grande scala o realizzati sui bacini delle dighe idroelettriche. Ma se si guarda al mix totale dell’elettricità brasiliana, si scopre che il Sole ne produce solo il 2% circa.

In altre parole, i progressi ci sono, ma si avanza troppo lentamente.

A frenare gli sviluppatori sono una serie di norme tra cui quella che obbliga i costruttori ad una quantità minima di componenti di produzione locale nei progetti. “Gli investitori sono scoraggiati”, spiega alla Reuters Armando Abreu, direttore del Braselco, società di consulenza energetica. “Molti di questi progetti, a mio parere e secondo quello di molti altri, probabilmente non lasceranno mai il tavolo da disegno”. Secondo un rapporto dell’Authority energetica brasiliana, la ANEEL, dei 111 impianti approvati nel nord-est del Paese solo 19 hanno realmente iniziato i lavori di costruzione.

 

Finora, il governo ha tenuto tre aste dedicate al fotovoltaico su scala utility, ma il rallentamento dell’economia e di conseguenza dei consumi hanno convinto il Ministero dell’Energia ad annullare la quarta gara prevista a metà dicembre 2016. La decisione è stata un duro colpo non solo per gli stati del nord-est, che stanno facendo affidamento sui progetti rinnovabili per la crescita economica, ma anche per la nascente industria di moduli e componenti solari. L’obbligo a rifornirsi da produttori locali, si scontra con la difficoltà del settore manifatturiero alle prese tasse e costi di produzione notoriamente alti e una competizione del low cost cinese, praticamente schiacciante. L’Istituto di credito ha promesso di rivedere alcune norme e il Ministero dell’Energia di riflettere sulla possibilità di una nuova asta solare per il 2017. Ma, per ora, non vi è nulla di concreto.

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