(Rinnovabili.it) – C’è una notizia buona e una cattiva. Esattamente con queste parole il commissario europeo Miguel Arias Canete twitta il nuovo rapporto Eurostat sui consumi d’energia dell’UE. Le statistiche sono aggiornate con i dati 2015, anno in cui il consumo interno lordo di energia, che riflette le quantità di elettricità e calore necessari a soddisfare la domanda interna, ha raggiunto un minimo storico, scendendo addirittura sotto i livelli del 1990. Nello specifico, nel 2015 sono stati consumati 1.626 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep).
The good news: EU energy consumption below 1990 levels. The bad news: EU dependency on fossil fuel imports up. https://t.co/4Rf4X8X9oH pic.twitter.com/r1yPOx3oIn
— Miguel Arias Cañete (@MAC_europa) 20 febbraio 2017
Il dato è non solo più basso del 11,6% rispetto al picco raggiunto nel 2016, ma addirittura in flessione di 2 punti percentuali e mezzo rispetto i valori del 1990. Una buona notizia, secondo il commissario, a cui tuttavia se ne affianca un’altra decisamente negativa: la dipendenza dell’UE dalle importazioni di combustibili fossili è aumentata, passando in quindici anni dal 53% al 73%.
Ogni Stato membro ha una storia a sé, ovviamente. L’Italia, pur avendo diminuito progressivamente l’uso di carbone, gas e petrolio nel mix, ha aumentato, anno dopo anno, la sua dipendenza dall’import: siamo passati da un 88% del 1990 a un 91% del 2015. Ma, male è andata anche al Regno Unito (da un tasso di dipendenza del 2% nel 1990 al 43% nel 2015), Paesi Bassi (da 22% al 56%), Polonia (dall’1% al 32% nonostante rimanga tra i Paesi meno dipendenti dalle importazioni) e Repubblica Ceca (dal 17% al 46%). Chi ha potuto invece ricorrere il meno possibile alle importazioni di energia fossile è stata la Danimarca (oggi al 4%), seguita da Estonia (17%) e Romania (25%).
Eurostat fa anche i conti in tasca ai ventotto. Con 314 Mtep (o il 19% del consumo totale di energia nell’UE), la Germania è rimasta nel 2015 il principale consumatore di energia, davanti alla Francia (253 Mtep pari al 16%), Regno Unito (191 Mtep, o 12 %), Italia (156 Mtep, pari al 10%), Spagna (121 Mtep, o 7%) e Polonia (95 Mtep o 6%). Chi ha saputo dare un forte taglio alla domanda sono stati invece i tre Stati baltici UE – Lituania (-57%), Lettonia (-45%) ed Estonia (-37%) – così come Romania (-44 %) e Bulgaria (-33%). Al contrario, i maggiori incrementi sono stati registrati a Cipro (+ 41%), Irlanda (+ 38%), Spagna (+ 35%) e in Austria (+ 33%).
Altra buona notizia: in ogni Stato membro, la quota di combustibili fossili nel consumo è diminuita nel periodo 1990-2015, in particolare in Danimarca (dal 91% nel 1990-69 % nel 2015), Lettonia (dall’83% al 61%) e in Romania (dal 96% al 74%). In Italia siamo passati dal 94% all’81%.