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Pesci e turbine off-shore, una convivenza idilliaca

Completato il primo studio danese sul modo in cui uno dei più grandi parchi eolici a livello mondiale incide sulla vita marina. I risultati? In sette anni i pesci sono aumentate di numero e specie

(Rinnovabili.it) – Al largo della costa di Anholt, in Danimarca, da quasi dieci, si trova una delle wind farm marine più grandi mai realizzate. Le oltre 80 turbine che costituiscono Horns Rev 1 – questo il nome del parco – si trovano in acque relativamente basse, non più di 20 metri di profondità, e quindi in una zona ritenuta generalmente ricca di pesci. Ancor prima che la fattoria venisse realizzata, i ricercatori del DTU Aqua, l’Istituto danese delle risorse acquatiche, hanno avviato uno studio sulle specie ittiche che popolavano allora i fondali decisi a confrontare i dati raccolti con quelli ottenuti dopo anni di attività delle turbine.

I biologi hanno scoperto così che i pesci che popolano le acque in cui si trovano istallati gli 80 aerogeneratori non hanno subito nel tempo alcuna influenza negativa o danno. Al contrario, dopo sette anni la biodiversità dell’aerea ha mostrato segni di netto sviluppo. Le turbine offshore di Horns Rev sono profondamente ancorate al fondale marino e circondate da grandi mucchi di pietre disposte in circolo che impediscono alle correnti marine di esercitare il loro effetto erosivo. Lo studio suggerisce che queste strutture in pietra svolgono anche il ruolo inconsapevole di barriere artificiali, offrendo condizioni più favorevoli ai pesci e creando addirittura l’habitat per una serie di nuove specie nella zona.

Pesci come il Tordo dorato e il Ciclottero hanno trovato rifugio nella zona”, spiega il biologo Claus Stenberg chiarendo come in questi sette anni le specie osservate siano passate da 30 a un totale di 41. “Horns Rev si trova in un ambiente estremamente difficile a causa dell’azione delle forti correnti, il che significa ad esempio che le foreste di alghe, insieme con i pesci piccoli che vivono in esse, non possono stabilirsi. Ci aspettiamo quindi che i positivi effetti di barriera siano ancora più evidenti in un parco situato ad esempio nel Kattegat, dove l’area è più protetta”.