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Pale eoliche compostabili fatte di bambù e funghi

Il composito micelio-bambù sarà testato su una turbina commerciale da 1 kW per valutarne resistenza e efficacia

Pale eoliche compostabili
Credits: Gregory Urquiaga/UC Davis

Pale eoliche compostabili per chiudere il cerchio

(Rinnovabili.it) – Le pale eoliche sono i componenti delle turbine più difficili da riciclare. E se il segreto per chiudere il cerchio non fossero le tecnologie di riciclaggio ma i materiali utilizzati? L’ecodesign si sta facendo lentamente spazio nell’industria eolica con l’obiettivo di ottenere lame resistenti e al tempo stesso facili da smantellare. Ma un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Davis ha voluto andare oltre progettando le prime pale eoliche compostabili.

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La ricetta è stata messa a punto dall’ingegnere ed esperta di compositi polimerici Valeria La Saponara e prevede l’impiego di bambù intrecciato, micelio e biomassa di rifiuti agricoli, al posto della fibra di vetro e del legno di balsa. Come spiega Sharon Campbell Knox sul sito dell’ateneo, la ricercatrice ha iniziato a lavorare con il micelio – l’apparato vegetativo dei funghi – circa 4 anni fa cercando un materiale alternativo alla plastica di origine fossile.

Ma per realizzare le pale eoliche compostabili ha radunato un team interdisciplinare che stdiasse contemporaneamente diversi aspetti, come l’intreccio ottimale del bambù o i supporti migliori per la crescita della biomassa fungina. Il primo prototipo non è tardato ad arrivare. Il gruppo ha costruito un prima pala eolica compostabile per le proprie sperimentazioni. “Vogliamo eseguire test strutturali per scoprire quanto velocemente possa ruotare, quanta potenza possa generare”, ha spiegato La Saponara.

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Il composito micelio-bambù sostituirà le pale di una turbina commerciale da 1 kW installata vicino allo STEEL Lab, parte del Western Cooling Efficiency Center. I test metteranno alla prova la resistenza del piccolo aerogeneratore con venti a oltre 136 km orari. “Una volta che avremo il Proof of concept per 1 kilowatt, che rappresenta una quantità ragionevole di potenza, potremo iniziare a lavorare con le aziende per la commercializzazione”, ha rivelato la ricercatrice.