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Il pacchetto UE sulle rinnovabili finanzierà le fossili?

La nuova legislazione energetica europea potrebbe favorire il meccanismo di capacità, minando invece l'accesso prioritaro al mercato elettrico delle rinnovabili

Il pacchetto UE sulle rinnovabili finanzierà le fossili?

 

(Rinnovabili.it) – Mancano solo 14 giorni alla presentazione del Winter Package, il pacchetto di misure su rinnovabili ed efficienza energetica preparato dalla Commissione Europea. I funzionari dell’esecutivo UE hanno promesso, a parole, nuove proposte legislative volte a garantire “energia pulita per tutti”. Lo abbiamo sentito dire dal commissario all’Energia Miguel Arias Cañete e dal Vice-Presidente Maroš Šefčovič: i cittadini saranno al centro della strategia europea grazie a misure che ne premieranno il ruolo di prosumer (ossia produttori di energia oltre che consumatori). Promesse che probabilmente saranno mantenute solo in piccola parte.

Secondo le ultime indiscrezioni, Bruxelles avrebbe proposto la creazione di un’autorità europea di regolazione energetica per supervisionare le autorità nazionali. L’obiettivo? Far sì che i governi “possano” offrire ai propri cittadini il diritto di produrre energia elettrica. Ma senza alcun carattere vincolante e garanzia di accesso al mercato, il diritto di produrre e vendere energia elettrica da fonti rinnovabili è pressocchè privo di significato.

 

A preoccupare, però, sono altri elementi: negli otto documenti che costituiranno il pacchetto, tra revisione di vecchie direttive e nuove norme, emerge una posizione decisamente discordante sia con la visione energetica annunciata che con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi da poco ratificato. Nelle bozze, trapelate ieri e visionate da Euractiv, appare piuttosto che l’UE si stia preparando ad annacquare le sue politiche ambientali per il post 2020.

 

Nuovi limiti alla priorità di dispacciamento

Uno dei capitoli più controversi è quello della rimozione della priorità di dispacciamento per le fotovoltaico ed eolico stabilita dalla direttiva rinnovabili del 2009. Attualmente, l’energia rinnovabile viene immessa per prima nella rete elettrica, come garanzia di redditività per quanti investono nelle fonti alternative. Una scelta legata anche alla possibilità di programmare la produzione fossile, al contrario di quella solare ed eolica, e pertanto di rendere la prima più facilmente adattabile ai consumi.

 

Ma come dimostrano i testi trapelati, la Commissione starebbe pensando di mettere qua e là qualche freno, come quello di limitare la priorità di dispacciamento al 15% della capacità di produzione installata in uno stato membro o di limitarla a partire dal 1° gennaio 2026, agli impianti sotto i 250 kW. Tutto identico invece per quanto concerne l’obiettivo di rinnovabili nella quota dei consumi UE entro il 2030: 27% era, e 27% rimane, senza nessun obbligo a livello nazionale.

 

L’amore europeo per il capacity payment

Ma l’elemento più preoccupante risulta essere l’insistenza con cui l’UE guarda ai meccanismi di capacità: questi sistemi sono già in uso in diversi Stati membri, come il Regno Unito e l’Italia (dal prossimo anno), e permettono ai produttori di energia elettrica da fonti fossili di guadagnare denaro dalla loro capacità di produzione inutilizzata (ma messa a disposizione per bilanciare il mercato).

L’ipotesi più probabile, confermata dalle bozze, è che Bruxelles estenda a tutta l’Europa il “capacity payment”. Ma per le ONG ambientaliste, i meccanismi di capacità sono poco più di sussidi occulti ai combustibili inquinati. Infatti, in assenza di un tetto emissivo per la nuova capacità elettrica, il meccanismo potrebbe essere utilizzato per sovvenzionare nuove centrali elettriche a carbone, se lo Stato le dovesse ritenere strategiche per l’equilibrio tra domanda e offerta.