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L’Italia è ancora il paese dell’eolico?

(Rinnovabili.it) – Si è svolto ieri a Roma il convegno “Non c’è vento da perdere” organizzato dall’ANEV (Associazionale Nazionale Energia del Vento) per delineare il panorama energetico italiano. Durante l’incontro sono inoltre stati ribaditi gli obiettivi che l’Italia si è impegnata a raggiungere entro il 2020, lasciando spazio alla descrizione delle attuali politiche di raggiungimento dei target e chiarendo le condizioni del mercato eolico del Bel Paese. Per quanto riguarda l’energia generata dal vento, l’obiettivo italiano consiste nel raddoppiare la capacità istallata, arrivando a toccare i 12.680 MW per coprire l’8% della produzione energetica totale senza generare emissioni inquinanti per l’atmosfera.

L’evento è stato inoltre l’occasione per la presentazione delle anticipazioni del nuovo Rapporto IREX di Althesys sul mercato eolico italiano che inizia con una cruda affermazione: “Il paese delle rinnovabili non è più l’Italia” giustificando l’inversione di rotta con l’aumento degli investimenti oltre confine che dal 30% del 2010 sono passati al 71% nei primi nove mesi del 2011. Nelle pagine del documento la conferma che le aziende italiane di settore stanno guardando ai mercati esteri con una percentuale di nuovo eolico made in Italy collegato alla rete di distribuzione nazionale che equivale al 26% del totale istallato.

Ma perché è “cambiato il vento”? “L’eolico in Italia sta vivendo una fase di rallentamento – ha spiegato Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys e capo del team di ricerca – complici i nuovi meccanismi incentivanti, l’assenza di alcuni importanti decreti attuativi che generano insicurezza normativa nel settore, e infine l’allargamento del perimetro della Robin Tax”.

La scelta delle aziende di guardare ai mercati esteri sarebbe infatti giustificata dalla necessità di allargare il portafoglio clienti e dalla possibilità di usufruire di incentivazioni pubbliche differenti e spesso più convenienti, da qui la preoccupazione che l’Italia possa perdere il ruolo centrale guadagnato nel  ne fa il paese in cui le energie rinnovabili hanno reali possibilità di crescita e sviluppo.

Oltre ad aumentare il numero di istallazioni realizzate oltre confine nei primi mesi del 2011 sono cambiati anche gli attori che gravitano all’interno del settore energetico che sfrutta la potenza del vento. I player energetici cono aumentati dal 34% al 58% mentre le aziende “pure renewables” sono nettamente in diminuzione: dal 52% si è passati infatti al 24% e contemporaneamente, per avere un quadro più completo “Althesys ha mappato, nell’arco di nove mesi di tempo, un totale di 24 operazioni legate a pale e aerogeneratori, per un valore di circa 1,1 miliardi di euro e 1.230 megawatt installati” si legge nel comunicato stampa diffuso a margine del convegno.

Nonostante il cambio di rotta l’eolico rimane per l’Italia un settore in grado di ridurre l’inquinamento generato per la produzione di energia, una fucina di nuovi posti di lavoro e un importante volano di crescita economica. L’analisi costi-benefici contenuta nel rapporto evidenzia infatti che fino al 2020 il comparto sarà in grado di generare benefici netti compresi tra 25,9 e 37,3 miliardi di euro. Il primo dato è stato calcolato ipotizzando uno scenario business as usual in cui si raggiungeranno 1,23 GW entro il 2020 mentre il secondo scenario, definito accelerato è stato completato prevedendo che le potenzialità di mercato possano raggiungere i 16mila MW nell’arco del decennio prossimo.

“La crescita dell’installato oscillerebbe così tra un +119% e un +176%.  Alla voce “costi” Althesys ha considerato gli incentivi pubblici e le carenze infrastrutturali. Nella voce “benefici” rientrano gli effetti sull’occupazione, la riduzione delle emissioni di CO2 e di altri gas serra e inquinanti, gli effetti sul Pil e la riduzione del fuel risk. Interessante, su tutti, il dato dei green job: grazie all’eolico, nel 2020 saranno distribuiti 10,6 miliardi di euro di monte stipendi” conclude il rapporto presentato dal prof. Alessandro Marangoni.

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