Costi e labirinti burocratici rischiano di far perdere al Belpaese il treno della decarbonizzazione. In pericolo il 46% dei progetti presentati
Il report di Elettricità Futura e Althesys sul sistema di permitting per gli impianti rinnovabili in Italia
(Rinnovabili.it) – L’Italia è in ritardo rispetto al target europeo di decarbonizzazione al 2030. L’aggiornamento della normativa e delle ambizioni climatiche da parte di Bruxelles, ha aggiunto un ulteriore gradino al percorso già in salita del Belpaese verso le zero emissioni. E non si tratta solo di rivedere rapidamente gli obiettivi del PNIEC per allinearli a quelli UE. Uno dei maggiori nodi da sciogliere nel percorso di transizione ecologica nazionale riguarda il sistema di permitting. Oggi realizzare impianti rinnovabili in Italia è processo lungo, oneroso e incerto.
Il nuovo DL Semplificazioni, in vigore dal prossimo luglio, darà una prima scrematura ma molti dei problemi permangono. Ad evidenziarli è oggi lo studio presentato oggi da Elettricità Futura in collaborazione con Althesys. Il documento, intitolato “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti”, affronta i rischi e le possibili aree di intervento.
Gli autori hanno individuato una serie di criticità nella procedura del permitting, sia a livello dell’iter autorizzativo che di quello di connessione alla rete, riconducendolo a quattro categorie principali: procedurali, legate al territorio e agli enti locali, di governance e connesse al rischio tecnologico. Fattori che oggi rendono incerto il 46% dei progetti presentati. Quello con cui si scontrano gli investitori è una molteplicità di istituzioni coinvolte. E la mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento. Di conseguenza i progetti finiscono in un sistema farraginoso, complesso e stratificato senza un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo.
Un dato su tutti. Le norme europee (direttiva RED II) stabiliscono che per le procedure delle nuove installazioni verdi vi sia limite di due anni di tempo. Eppure gli impianti rinnovabili in Italia registrano un ritardo di quasi i 6 anni, sui 2 imposti dalla direttiva comunitaria. E le imprese devono sostenere i costi più alti d’Europa per ottenere l’autorizzazione. Queste criticità mettono a rischio la realizzazione del 46% dei progetti presentati.
Impianti rinnovabili in Italia, come migliorare il permitting
Migliorare la situazione è possibile, oltre che necessario. E il report detta una serie di raccomandazioni chiave per sciogliere i nodi sopracitati.
Sul fronte delle procedure autorizzative suggerisce di
• Emanare i decreti attuativi del D.L. «Semplificazioni» e del Codice degli Appalti.
• Attuare la Direttiva Rinnovabili 2018/2001 (RED II) e rivedere la normativa VIA.
• L’istituzione di una fast track per determinati impianti di pubblica utilità (urgenti e indifferibili).
• Estendere l’utilizzo della Procedura Abilitativa Semplificata (PAS).
• Migliorare misure e percorsi specifici per il rinnovamento degli impianti esistenti.
Dal lato della governance e delle istituzioni chiede di:
• Garantire coordinamento procedure, enti e uniformità dei procedimenti regionali.
• Istituzione di un organismo unitario centrale per attuare il PNIEC e coordinare gli enti coinvolti.
Per il rapporto con il territorio:
• Il potenziamento del quadro relativo al burden sharing e agli obiettivi regionali.
• Definire in modo chiaro quali siano le aree non idonee alla realizzazione degli impianti.
• Aumentare il consenso verso le FER attraverso il coinvolgimento delle comunità.
“Il DL Semplificazioni in fase di conversione in queste settimane, se migliorato, sarà un passo importante per raggiungere gli obiettivi del Green Deal 2030, salvaguardando l’ambiente e il paesaggio”, dichiara Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura. “Lo studio – sottolinea l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – evidenzia che va ripensato l’intero sistema di governance, garantendo il coordinamento tra i diversi enti e l’uniformità dei procedimenti regionali, anche con un organismo centrale per attuare il PNIEC”.
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