Nuovi incentivi comunitari al raggiungimento dei target rinnovabili 2030
(Rinnovabili.it) – È approdato in Gazzetta europea il nuovo meccanismo unionale di finanziamento delle energie rinnovabili. Introdotto dal Regolamento sulla Governance del 2018, lo strumento nasce per spronare gli Stati membri verso i rispettivi obiettivi d’energia pulita. Come? Creando un sistema che permetta loro di aiutarsi sui target e di migliorare l’efficienza degli investimenti.
Per capirne il funzionamento è necessario fare qualche passo indietro. Sul fronte energia, i Paesi europei hanno obiettivi decennali da raggiungere. Il primo round di impegni, fissato dal celebre pacchetto UE 20-20-20, è ormai prossimo alla scadenza e chiedeva per la fine dell’anno in corso una quota di rinnovabili su consumi pari al 20%; dal 2021 al 2030 la quota verde da raggiungere come Blocco è del 32%. Attraverso i rispettivi piani nazionali Integrati Energia e Clima (PNIEC) i ventisette hanno delineano i rispettivi contributi al target UE e il percorso attuativo.
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Fino a ieri le strade per rendere realtà le proprie promesse erano solo due: installare impianti sul proprio territorio o utilizzare meccanismi di cooperazione come i trasferimenti statistici e progetti comuni. Il nuovo meccanismo di finanziamento delle energie rinnovabili apre una terza possibilità: a partire dal primo gennaio 2021, gli Stati membri potranno contribuire economicamente a un progetto in un’altro Paese UE, condividendone i benefici.
Come funziona il meccanismo di finanziamento delle energie rinnovabili?
Nel dettaglio, il meccanismo consente a quelli che vengono definiti “Paesi contributori” di effettuare pagamenti volontari diretti al sistema; le risorse saranno successivamente impiegate per sostenere nuovi impianti in altri Stati membri (“Paesi ospitanti“). Questo ha un duplice vantaggio. I primi possono realizzare centrali rinnovabili in territori dove potenzialmente è più conveniente, conteggiando statisticamente queste strutture e la loro capacità nei propri target nazionali. I secondi, ossia le nazioni ospitanti, ricevono investimenti locali e possono quindi godere dei benefici connessi in termini di nuova occupazione, minori emissioni di gas serra, migliore qualità dell’aria, modernizzazione del sistema energetico e riduzione della dipendenza dalle importazioni.
“Tuttavia – spiega l’esecutivo in una nota – non vi è alcun collegamento diretto o negoziazione tra i paesi contributori e ospitanti”. Sarà infatti la Commissione a gestire l’intero processo e ad assegnare le statistiche. Il meccanismo può ricevere anche contributi di bilancio da altri programmi dell’Unione e del settore privato.
“Per fornire incentivi sia ai paesi ospitanti che a quelli contributori – continua Bruxelles – le regole prevedono che i benefici statistici di questi progetti dovrebbero essere suddivisi tra i partecipanti, riflettendo la loro partecipazione”.