Nella valutazione di fattibilità di una wind farm marina è necessario includere studi approfonditi delle specie che frequentano la zona
(Rinnovabili.it) – I progressi tecnologici che si stanno compiendo nel settore dell’eolico off shore stanno permettendo l’istallazione di turbine sempre più grandi e più potenti nelle acque profonde. Se da una parte sono innegabili i benefici portati sul fronte della produzione energetica pulita, dall’altra però sono ancora poco conosciuti gli impatti esercitati dagli aerogeneratori sull’ambiente marino. A fare un po’ di chiarezza è ora il nuovo studio della ricercatrice Helen Bailey, del centro della Scienza ambientale presso Università del Maryland. Bailey insieme ad una squadra di colleghi ha studiato gli effetti di questa tecnologia sulla fauna acquatica, formulando delle nuove raccomandazioni per la valutazione dei nuovi progetti di parchi eolici a largo delle coste.
“Dal momento che il numero e le dimensioni delle turbine off shore sta aumentando, è sempre più necessario considerare le conseguenze e gli impatti cumulativi di queste attività su specie marine“, ha dichiarato Bailey. “E’ essenziale identificare dove balene, delfini e altri animali si trovino per contribuire ad evitare impatti negativi continuando a monitorare la loro risposta alla costruzione e al funzionamento degli aerogeneratori”. Tra gli aspetti più critici appare l’attività di battitura delle fondazioni (piling), finalizzata all’infissione nel fondale delle basi: i forti rumori provocati possono non solo disturbare il comportamento dei mammiferi marini a distanze di molti chilometri, ma anche provocare veri e propri problemi di compromissione dell’udito e disorientamento se presenti a distanza ravvicinata. D’altra parte, spiegano gli scienziati, le fondamenta delle turbine possono agire come barriere artificiali e aumentare le fonti alimentari. “Un elemento critico nella pianificazione energetica eolica è proprio sviluppare progetti in modo tale da evitare o ridurre al minimo gli impatti ambientali negativi che tali impianti possono causare”, ha aggiunto il collega e scienziato Tom Miller. “Fare queste valutazioni richiede un anno di studi approfonditi delle specie che frequentano la zona, in particolare di quelle protette sensibili ai suoni, come i mammiferi marini”.