Un team di scienziati della Oxford University ha dimostrato come il movimento naturale dei batteri potrebbe essere sfruttato per montare e alimentare microscopici 'parchi eolici'
In realtà il motore a batteri non è una novità: a dimostrane il funzionamento, con tanto di video, era stata qualche anno fa l’università italiana La Sapienza. Allora, il micromotore era composto da minuscole rotelle dentate e asimmetriche delle dimensioni di qualche decina di millesimi di millimetro (40-50 micron) immerse in una soluzione popolata da batteri (Escherichia coli), il cui movimento caotico e disordinato produceva un moto mediamente regolare e ordinato.
Il lavoro di Oxford può, in certo senso, essere considerato come una conferma. Quando la squadra ha immerso un reticolo di 64 micro-rotori simmetrici in questo fluido attivo di microorganismi, ha scoperto che i batteri si organizzavano spontaneamente in modo tale che i rotori vicini cominciassero a girare in direzioni opposte: un’organizzazione strutturale semplice, spiegano i fisici, che ricorda il funzionamento eolico.
“La cosa sorprendente è che non abbiamo avuto bisogno di pre-progettare turbine a forma di ingranaggio. I rotori si sono auto-assemblati da soli in una sorta di parco eolico batterico”, commentano gli scienziati. “La possibilità di ottenere anche una piccola quantità di lavoro meccanico da questi sistemi biologici è preziosa, perché non hanno bisogno di input energetici ed usano processi biochimici interni per muoversi”. Ma da qui ad una prima applicazione pratica la strada è ancora lunga.