Eolico europeo, da un passato di successo a un futuro incerto
(Rinnovabili.it) – L’Europa ha saputo fare del vento una risorsa preziosa. Alcuni Paesi hanno contribuito indubbiamente più di altri allo sviluppo dell’eolico europeo, ma quello che ne risulta oggi è comparto forte, di valore e dagli immediati benefici. Tre fattori che WindEurope, l’associazione che rappresenta l’industria eolica europea, in collaborazione con Deloitte, ha analizzato in dettaglio nel report “Local impact, global leadership”.
Il documento spiega come l’energia eolica sia passata negli ultimi dieci anni da tecnologia di nicchia a settore industriale competitivo e affidabile. In questa evoluzione, l’Europa ha dato vita ad un settore leader a livello mondiale, con produttori di turbine che dominano il mercato globale, progettisti con un’impronta internazionale e una capacità di ricerca e innovazione senza pari.
Questo sviluppo ha prodotto notevoli benefici per l’economia europea. Solo nel 2016, l’industria del vento ha contribuito con 36 miliardi di euro al PIL dell’Unione Europea, generando 8 miliardi di euro in esportazioni nei mercati esteri e ben 4,9 miliardi in entrate fiscali per i governi. Inoltre per ogni 1.000 euro di fatturato generato nel settore si hanno altri 250 euro generati da attività economiche in comparti connessi come l’industria metallurgica o quella delle apparecchiature elettriche.
Ma non si tratta solo di guadagni. L’eolico europeo ha permesso al vecchio Continente anche di risparmiare, sia in termini di riduzione delle importazioni di combustibili fossili (32 miliardi di euro dal 2011-2016) e di emissioni di carbonio (166 milioni di tonnellate di CO2 nel 2016).
In altre parole il settore porta dei benefici non solo per se stesso ma anche per l’economia in generale. Ma prima di lasciarsi travolgere dalle buone notizie, WindEurope consiglia di ascoltare tutta la storia. “L’eolico è una scelta intelligente per l’economia. È una storia europea di successo industriale. Ma oggi è a rischio”, ha dichiarato Giles Dickson, CEO dell’associazione. La corsa al vento che ha caratterizzato il passato, ha perso velocità. Negli ultimi cinque anni la crescita del lavoro nel settore si è appiattita perché molti paesi sono diventati meno ambiziosi sulle rinnovabili: la metà degli Stati membri non ha investito nulla nell’eolico nel 2016.
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“Abbiamo bisogno di un obiettivo europeo per le energie rinnovabili di almeno il 35% entro il 2030. Abbiamo bisogno di chiarezza sui volumi post-2020 in modo che la catena di approvvigionamento sappia quanto e dove investire. Abbiamo bisogno di Ricerca e Sviluppo e di politiche industriali che aiutino l’Europa a mantenere il proprio vantaggio tecnologico, continuando a esportare”. Se tutto ciò accadrà, sottolinea Dickson, nel 2030 il vento potrebbe soddisfare il 30% del fabbisogno energetico europeo, generando nuovi posti di lavoro e crescita economica. “Ma se così non dovesse essere, l’Europa perderà 92 miliardi di euro di investimenti e 132.000 posti di lavoro: questo è il costo della non ambizione”.