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Corte dei Conti UE: il dilemma ecologico (e socioeconomico) dell’energia blu 

Secondo gli auditor della Corte l'Unione europea deve impegnarsi di più per rendere le energie rinnovabili marine sostenibili sotto ogni profilo

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Foto di Yaopey Yong su Unsplash

L’UE ha destinato quasi 17 mld all’energia blu in 15 anni

(Rinnovabili.it) – L’Unione Europea ha grandi obiettivi per il settore dell’energia blu. Con la Strategia Energie Rinnovabili Offshore, pubblicata a novembre 2020, ha pianificato di raggiungere almeno 60 GW di eolico offshore e 1 GW di energia oceanica entro il 2030. Da elevare, rispettivamente a 300 e 40 GW entro il 2050, per un investimento totale previsto di 800 miliardi di euro. Per il Blocco non si tratta di una strada inesplorata. Negli ultimi 15 anni l’UE ha già investito quasi 17 miliardi di euro in aiuti per lo sviluppo del settore. In particolare 2,3 mld attraverso il budget comunitario e 14,4 mld attraverso prestiti e investimenti della BEI. Ma la necessità di consolidare la ripresa economica prima e accelerare l’indipendenza energetica dopo, ha portato ad un aumento dell’ambizione.

Rinnovabili offshore e impatto ambientale

Di fronte a questa accelerazione, una domanda sorge spontanea: quanto è sostenibile e attuabile il piano UE? Per la Corte dei Conti europea ancora poco. L’istituzione, che ha il compito di esaminare tutte le entrate e le spese dell’Unione e dei suoi organi, ha condotto un audit per capire se la Commissione e gli Stati membri avessero promosso lo sviluppo sostenibile dell’energia blu. Quello che è emerso è che, a fronte di una innegabile agevolazione per l’assegnazione di zone marine, i principali conflitti di natura ambientale e socioeconomica del comparto appaiono irrisolti.

“L’espansione delle energie rinnovabili offshore (ERO) racchiude in sé un dilemma ecologico”, scrive la Corte. “Se da un lato queste fonti energetiche sono essenziali per la transizione verde dell’UE, dall’altro il loro sviluppo può nuocere all’ambiente marino. Benché la strategia UE cerchi di conciliare le ERO con la biodiversità, la Commissione europea non ne ha stimato i potenziali effetti sull’ambiente, in termini fra l’altro di spostamenti di specie e cambiamenti nella struttura delle popolazioni, disponibilità del cibo o modelli migratori”.

In altre parole l’UE deve studiare a fondo gli impatti ambientali che turbine eoliche offshore, centrali solari galleggianti o impianti mareomotrici potrebbero avere. Sia sotto che sopra la superficie marina.

Gli impatti socieconomici dell’energia blu

La Corte dei Conti sottolinea anche le difficoltà delle energie marine di convivere con altri settori economici, come la pesca. Il risultato? Spesso, al momento di valutare i singoli progetti, le rinnovabili offshore vengono osteggiate. Senza contare che “le implicazioni socioeconomiche dello sviluppo delle ERO non sono state studiate in modo sufficientemente approfondito”.

I revisori osservano inoltre che gli ambiziosi obiettivi stabiliti per l’energia blu potrebbero scontrarsi con i rischi nell’approvvigionamento di materie prime critiche. Senza contare le lunghe procedure nazionali di autorizzazione. Ad esempio, la Francia è uno dei paesi che ci impiega di più ad approvare gli impianti eolici offshore (fino a 11 anni).