Nel testo pubblicato in Gazzetta spunta l'obbligo di dimostrare la disponibilità dei terreni in concomitanza con l'istanza di valutazione di impatto ambientale. ANEV: procedura costosa e in grado di bloccare i nuovi progetti
Disponibilità terreni, quando presentare la dichiarazione?
Non si arrestano le preoccupazioni del settore delle rinnovabili italiane alla luce del fermento normativo dell’ultimo periodo. Mentre cresce l’attesa per il Testo Unico per le FER e si teme un effetto puzzle per l’applicazione del DM Aree idonee, un colpo inaspettato al comparto arriva dal DL Ambiente, il provvedimento che riforma il Testo unico ambientale. In vigore dal 18 ottobre 2024, il Decreto pubblicato in Gazzetta riporta qua e là qualche piccola modifica rispetto all’ultima bozza circolata. Tra queste anche una che tocca da vicino gli sviluppatori di impianti rinnovabili. Nel dettaglio la versione in GU introduce la richiesta di allegare alla domanda di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) anche una dichiarazione che attesti la disponibilità dei terreni su cui sorgerà l’impianto e le relative connessioni.
Recita il DL Ambiente:
“Per i progetti di produzione energetica da fonti rinnovabili, il proponente allega all’istanza di VIA di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n.152 del 2006 anche una dichiarazione attestante la legittima disponibilità, a qualunque titolo, della superficie e, qualora occorra, della risorsa necessarie alla realizzazione dei progetti medesimi”.
La disposizione ha fatto storcere più di un naso. Il problema? Lo spiega bene ANEV, l’associazione che rappresenta i produttori eolici “Il principio è ovviamente chiaro a tutti e già esiste dovendo gli operatori delle Fonti Rinnovabili tenuti ad avere tali disponibilità prima della conclusione del procedimento. Ma anticipare tale disponibilità a questa fase è un controsenso che tra l’altro rischia di essere inutile. Infatti proprio durante la procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) vengono richiesti spostamenti delle turbine eoliche e dei cavidotti, sulla base delle specifiche richieste dei soggetti preposti a ridurre gli impatti degli impianti”.
Per l’associazione il nuovo obbligo, qualora non venisse abrogato, comporterebbe un blocco del comparto FER così profondo da compromettere il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC. “Tale previsione – spiega l’ANEV – metterebbe gli imprenditori nella situazione di dover acquisire i terreni prima di iniziare il procedimento, con aumento dei costi una prima volta, poi di doverli riacquisire dopo l’individuazione definitiva delle posizioni con un ulteriore enorme esborso”.
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