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Burbo Bank, il primo eolico offshore con batterie incluse

Burbo Bank
Burbo Bank
(Photo by Christopher Furlong/Getty Images)

 

(Rinnovabili.it) – L’impianto eolico offshore di Burbo Bank, a largo delle coste di Merseyside, contea inglese, ha più di una medaglia di merito da appuntarsi sulle pale. Divenuta famosa in pochissimo tempo per essere la prima dotata delle gigantesche turbine V164-8.0 della Vestas, la centrale marina ha giocato anche un ruolo importante nel record personale della Lego: attraverso la sua società madre, che detiene il 25 per cento della proprietà di Burbo Bank, il gruppo ora produce dalle fonti rinnovabili più elettricità di quella che consuma.

 

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Ma la danese Dong Energy, comproprietaria dell’impianto, ha voluto spingersi oltre e integrare nel progetto un sistema di accumulo. Burbo Bank si trasforma così nel primo impianto ibrido di eolico offshore dotato di batterie.

 

L’elettricità prodotta dai 90 MW di potenza istallati sarà, in base alle necessità della rete, immagazzinata in un nuovo sistema di storage da 2 MW. L’obiettivo è di riuscire a mantenere la frequenza di rete stabile a 50 Hz, pur assicurandone l’operatività continua. Il pacco batterie sarà istallato entro la fine di quest’anno ma ha già ricevuto il benvenuto da Richard Smith, a capo della National Grid, il gestore dell’infrastruttura britannica. “Non vedo l’ora d’assistere a come la soluzione di stoccaggio della Dong Energy collegata al parco eolico offshore, ci aiuti a rispondere, giorno per giorno, alle sfide operative”, ha commentato Smith.

 

La strada da percorrere, come ammette Benj Sykes, a capo del mercato britannico per la Dong Energy, è lunga: “C’è ancora molto cammino da fare con lo storage, ma quando guardo il ritmo dell’innovazione nell’eolico in mare aperto, sono molto fiducioso che il futuro sia a portata di mano e sono convinto che sarà più veloce di quanto ognuno di noi possa immaginare”.

Di certo soluzioni di questo genere permetterebbero di realizzare le previsioni eoliche fatte da WindEurope per il Regno Unito: in uno studio indipendente si calcola che il Paese, con i giusti strumenti, sia in grado di moltiplicare per cinque l’attuale capacità offshore entro la fine del prossimo decennio.

 

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