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Negli ultimi 8 anni, ridotte del 76% le autorizzazioni nell’eolico

autorizzazioni eoliche
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di Tommaso Tetro

Ad oggi ci vogliono in media cinque anni per il rilascio delle autorizzazioni eoliche

(Rinnovabili.it) – “Lentezza del rilascio delle autorizzazioni. Troppa discrezionalità per le procedure di Valutazione di impatto ambientale (Via). Blocco da parte delle sovrintendenze. Disomogeneità tra norme regionali e nazionali, contenziosi tra istituzioni”. Queste le principali “criticità e cause del rallentamento”, secondo l’Anev (Associazione nazionale energia del vento), allo sviluppo dell’eolico messe in evidenze in una memoria in audizione alle commissioni riunite Affari costituzionali e Ambiente nell’ambito dell’esame del decreto sulla governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sulle semplificazioni.

L’Anev ha fatto presente che “negli ultimi 8 anni” c’è stata “una riduzione del 76% dei provvedimenti” di autorizzazione “emessi dalle pubbliche amministrazioni competenti”. Ricordano anche che “ad oggi ci vogliono mediamente cinque anni e mezzo di tempo contro i sei mesi previsti” per il rilascio delle autorizzazioni eoliche. Inoltre “dal 2017 ad oggi sono state lo 0% su oltre 9 Gigawatt di richieste”, le autorizzazioni delle sovrintendenze. Poi, i conflitti sia tra istituzioni, con un ministero (Transizione ecologica) che acconsente e un altro (Beni culturali) che nega, che tra amministrazioni e imprese hanno “tempi non compatibili con gli investimenti industriali”.

L’eolico in Italia – ha spiegato l’Anev – ha raggiunto “ad oggi una potenza installata di oltre 10 GW ed una produzione di energia elettrica rinnovabile vicina ai 19 TWh annui”. Cifre a cui corrispondono oltre 10 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 evitate, “un risparmio di petrolio superiore a 20 milioni di barili e un bacino occupazionale, tra occupati diretti ed indiretti, di oltre 16mila unità”. Per questo “la traiettoria di crescita per il settore al 2030” dovrebbe “raddoppiare” e anche di più queste quantità, raggiungendo “una potenza installata di almeno 20 GW e una produzione di oltre 41 TWh, a cui corrisponderebbe un quantitativo di emissioni evitate di CO2 di oltre 25 milioni di tonnellate”. E un risparmio di barili di petrolio pari a 50 milioni oltre a prospettive occupazionali fino a 67mila unità distribuite sul territorio e localizzate principalmente in aree cosiddette ‘depresse’.

I rallentamenti delle autorizzazioni eoliche e “i dinieghi ormai costanti delle sovrintendenze e le lungaggini del processo […] hanno comportato, negli ultimi nove anni, il passaggio dai 2.463 MW eolici autorizzati nel triennio 2012-2014 (con una media di 821 MW all’anno), ai 1.186 MW eolici nel triennio 2015-2017 (con una media di 395 MW all’anno) e ai soli 589 MW nell’ultimo triennio 2018-2020 (con una media di 196 MW all’anno, con soli 102 MW installati nel 2020)”.

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Quattro i punti su cui si concentrano le proposte di modifica da apportare al decreto secondo l’Anev, con l’obiettivo di “semplificare e velocizzare”: il repowering degli impianti esistenti; per la realizzazione di nuovi impianti occorre eliminare il parere del ministero dei Beni culturali se si ricade su aree non vincolate; definire chiaramente le modalità per ottenere dal ministero dei Beni culturali parere positivo preventivo su aree vincolate, specificando quali azioni di mitigazione rendono compatibili gli impianti eolici rispetto ai vincoli preordinati; definizione di tempi rapidi e modalità certe per dirimere questioni di contrasto, con l’intervento della presidenza del Consiglio o del Comitato interministeriale per la transizione ecologica affinché dirima la questione in 30 giorni.

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