Nuvole nere sull’energia nucleare mondiale?
(Rinnovabili.it) – L’anno scorso, il più grande costruttore nucleare al mondo è andato in bancarotta. A marzo 2017, l’americana Westinghouse – controllata dalla Toshiba – ha presentato istanza di fallimento dopo aver rivelato buchi di miliardi di dollari sui suoi progetti negli USA. Quasi contemporaneamente il governo francese è dovuto correre ai ripari per salvare la società nucleare statale Areva, che è andata tecnicamente in bancarotta dopo una perdita cumulativa di sei anni di 12,3 miliardi di dollari.
Questi, secondo il World Nuclear Industry Status Report, sono solo due degli allarmi che stanno risuonando nel settore. Il documento – prodotto da Mycle Schneider – esplora annualmente le sfide globali che l‘energia dell’atomo deve affrontare e in quest’ultima edizione ha parole trancianti: “L’energia nucleare è stata eclissata dal sole e dal vento. Queste fonti rinnovabili, prive di combustibili, non sono più un sogno o una proiezione: sono una realtà [e] stanno sostituendo il nucleare come la scelta preferita per le nuove centrali elettriche in tutto il mondo”.
Nel 2017 e nella prima metà del 2018, il settore ha aggiunto una nuova capacità totale di appena 7 GW. Una frazione minuscola se si considera il totale energetico allacciato alla rete lo scorso anno: 257 GW (netti) di cui 157 GW da fonti rinnovabili. Altro dato interessante, le nuove centrali si trovano quasi tutte in Cina. Nei 18 mesi presi in considerazione la Repubblica popolare ha acceso 6 reattori, 2 sono stati attivati dalla Russia e uno in Pakistan.
Per gli autori del report il dibattito sull’energia nucleare è finito. La causa non è solo quel clima d’insicurezza scatenatosi dopo l’ultimo grande incidente nucleare, nel 2011, a Fukushima. Negli anni successivi, i nuovi progetti hanno mirato a migliorare le caratteristiche di sicurezza mantenendo basse le spese. Ma nonostante ciò, è aumentata la frequenza di sovraccosti e ritardi.
A differenza di quanto sta accadendo, ad esempio, con fotovoltaico ed eolico dove la crescita tecnologica ed esperienziale si traduce in una riduzione dei costi, l’energia atomica presenta un “tasso di apprendimento” negativo: nonostante i progressi tecnici e gli anni di studio, il costo dell’energia nucleare tende ad aumentare a causa delle spese per prendersi cura dei reattori che invecchiano.
Non solo. Secondo il Rapporto, 37 dei 53 reattori in costruzione a metà 2017 risultavano essere in ritardo. Otto di questi progetti sono in corso da almeno un decennio e per tre di questi si parla di oltre 30 anni di lavori. D’altra parte basta pensare al progetto nucleare di Électricité de France (EDF) a Flamanville, finito in un vortice di rinvii (l’ultimo per problemi di saldatura nelle tubazioni) e il cui budget necessario è aumentato di tre volte rispetto la cifra originaria. Sorte simile per la finlandese Olkiluoto 3 o il reattore britannico Hinkley Point C.