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Torna l’ora legale, l’Italia non abbandona il doppio cambio

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Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay

Nel 2020 l’ora legale ha fatto risparmiare 66 milioni di euro

(Rinnovabili.it) – Domenica 28 marzo l’ora legale prederà il posto dell’ora solare. A partire dalle 3 di mattina, tutte le lancette dovranno essere spostate avanti di 60 minuti, così come succede ormai da più di mezzo secolo. Un cambio, come ricorda oggi Terna, che porterà all’Italia benefici economici e ambientali.

“Nei prossimi 7 mesi avremo positivi impatti per il sistema energetico”, ha spiegato l’operatore della rete di trasmissione elettrica. Secondo quanto rilevato da Terna, grazie all’ora legale abbiamo fatto a meno di circa 400 milioni di kWh, ossia quasi il consumo medio annuo di elettricità di 150mila famiglie. Il taglio nei consumi è corrisposto a 205 mila tonnellate di CO2 evitate in atmosfera e a un risparmio economico di circa 66 milioni di euro.

Difficile però potremo replicare tali risultati anche in questo 2021. “Lo scorso anno, i valori sono stati fortemente influenzati dalla complessiva riduzione dei consumi energetici dovuta alla chiusura delle attività per effetto dell’emergenza sanitaria da COVID-19”, spiega Terna. “Per il 2021, pur permanendo una situazione di incertezza legata alla pandemia, secondo i dati attualmente disponibili […] si attende un parziale recupero del fabbisogno energetico e quindi valori di benefici elettrici, ambientali ed economici più simili a quelli degli anni precedenti”.

Nel complesso dal 2004 oggi, l’operatore ha calcolato che il passaggio dall’ora solare all’ora legale ha tagliato circa 10 milioni di MWh dalla bolletta nazionale. In termini economici, ciò equivale ad un risparmio di 1 miliardo e 720 milioni di euro per i cittadini. Per quanto ancora durerà il doppio cambio annuale delle lancette? In Italia, almeno per ora, non è dato saperlo.

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Il Belpaese ha adottato l’ora legale inizialmente come misura di guerra nel 1916, per poi inserirla definitivamente nella legge nazionale ben 54 anni fa. Una storia che si è ripetuta, con piccole e grandi modifiche anche in molti altri Paesi UE, fino all’adozione europea dello stesso calendario per l’ora legale nel 1996. E alla direttiva comunitaria del 2001, che ha reso obbligatorio per tutti gli Stati membri lo spostamento avanti delle lancette dall’ultima domenica di marzo all’ultima di ottobre.

Nel 2018, tuttavia, in risposta ad un’iniziativa dei cittadini, il Parlamento ha chiesto alla Commissione UE di rivalutare la legislazione. Con ben 4,6 milioni di risposte ricevute e un 84% di pareri favorevoli alla fine ai cambiamenti di orario, Bruxelles si è vista costretta a presentare un aggiornamento normativo in cui si proponeva l’abbandono dell’ora legale a partire dal 2019. I problemi sono arrivati quando la nuova direttiva è arrivata ai legislatori comunitari. Se da un lato il Parlamento europeo ha approvato facilmente la proposta dell’esecutivo limitandosi a spostare la deadline al 2021, dall’altro il Consiglio non è riuscito a chiudere la questione. A dicembre 2019 gli ambasciatori degli Stati Membri non avevano ancora raggiunto una posizione comune sull’argomento. 

Per ora tutto è rimandato alle decisioni nazionali. Dal canto suo, l’Italia non ha ancora scelto. Nell’autunno 2019, il governo Conte aveva espresso il suo dissenso all’abolizione, depositando a Bruxelles una richiesta formale di mantenimento della situazione attuale, convinto dei benefici economici legati al passaggio.

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