di Roberto Tascioni
(Rinnovabili.it) – In Europa il consumo energetico in ambito residenziale è responsabile del 30-40 % del totale e pertanto la ricerca sta concentrando molti sforzi al fine di ridurre l’impatto ambientale degli edifici più energivori mediante efficienti tecnologie per la climatizzazione e la produzione in loco di energia. Ciò ha condotto i progettisti a ripensare l’intera infrastruttura energetica, la quale deve tener conto di ingenti flussi di energia bidirezionali fino a qualche tempo fa impensabili. Le risorse energetiche distribuite sono la chiave di volta in questa direzione: il punto cruciale è realizzare un’infrastruttura che incorpori le tecniche di comunicazione informatica dei dispositivi attivi e passivi per registrare e scambiare dati sui flussi di potenza. L’obiettivo ultimo è quello di realizzare delle reti intelligenti in grado di fornire in modo efficiente, affidabile e a buon mercato elettricità agli utenti finali riducendo le perdite di rete e la possibilità di blackout. L’uso di sistemi di accumulo locale faciliterebbe la stabilizzazione della rete permettendo un incontro “locale” tra domanda e offerta di energia, senza dover transitare sulla rete con inevitabili perdite in lunghe linee di trasmissione.
Il concetto di reti intelligenti può essere esteso anche al consumo o la produzione in loco di energia termica e frigorifera: in questo caso si parla di 4th generazione di sistemi di teleriscaldamento/teleraffrescamento. Pragmaticamente parlando, l’ausilio di micro-impianti cogenerativi (CHP) e trigenerativi (CCHP) ad alta efficienza potrebbero ben presto sostituire gli attuali sistemi per il condizionamento degli ambienti, mentre la produzione centralizzata di potenza potrebbe continuare a soddisfare solamente gli utenti in prossimità della stessa. Infatti, alle nostre latitudini il consumo di elettricità per il condizionamento sta diventando preponderante e i consumi, che una volta erano concentrati nella stagione invernale per il riscaldamento, oggi si sono spostati anche nel periodo più caldo dell’estate per scopi di raffrescamento sovraccaricando le reti. Produrre in loco energia termica, sodisfacendo anche la domanda di climatizzazione estiva aiuterebbe molto il bilanciamento tra consumi e produzione di energia riducendo così la capacità e quindi il costo dei sistemi di accumulo.
Sebbene storicamente le energie rinnovabili abbiano avuto lo svantaggio della bassa densità energetica che si traduce in maggiori costi di produzione (Levelized Cost of Electricity) negli ultimi anni tale situazione sta mutando significativamente.
L’energia solare è una delle fonti rinnovabili più promettenti data la sua distribuzione capillare su tutto il pianeta, tanto per dare un’idea, 30 minuti di irraggiamento solare sulla superficie della terra corrispondono all’equivalente di tutta l’energia consumata dall’uomo in un anno. Attualmente, fotovoltaico (PV) e termico sono le principali tecnologie impiegate per lo sfruttamento di questa risorsa 100 % rinnovabile. A queste si stanno aggiungendo i sistemi solari a concentrazione (CSP) sebbene la potenza globalmente installata sia ancora oltre 100 volte inferiore a quella dei sistemi PV. I sistemi PV possano accumulare energia tramite batterie ma ciò non sempre viene considerata una valida alternativa mentre risulta preferibile lo stoccaggio termico tramite sistemi CSP, sia dal punto di vista del ciclo di vita (LCA) che del costo complessivo.
Come già accennato lo stoccaggio termico gioca un ruolo chiave nella realizzazione delle reti intelligenti di distretto di quarta generazione, nuovi materiali sono allo studio per rendere più compatti ed efficienti questi sistemi. Un esempio sono i materiali a cambiamento di fase, o i più sofisticati accumuli termochimici che permettono di raggiungere densità energetiche decine di volte superiori agli accumuli sensibili di calore riducendo quasi del tutto le perdite termiche di stoccaggio a lungo termine, soprattutto quando si hanno temperature molto elevate.
Oggigiorno sul mercato sono già disponibili dei mini cogeneratori con celle a combustibile SOFC da installare in un singolo appartamento per produrre circa 0.75 kW elettrici e 0.55 kW partendo dal metano: sono il primo passo avanti verso l’uso di cogeneratori (CHP) ad alta efficienza in ambito residenziale. Il passo successivo verso la transizione alla 4th generazione delle reti di teleriscaldamento/teleraffrescamento è l’integrazione dei sistemi CSP anche di piccola scala come i sistemi basati su Riflettori Fresnel Lineari (LFR). Quest’ultimi, infatti, risultano particolarmente adatti all’integrazione in ambito residenziale essendo più leggeri e compatti dei sistemi lineari di tipo parabolico. Gli elevati rapporti di concentrazione che posso raggiungere tali sistemi consentono di innalzare le temperature operative a valori tali da rendere i cicli termodinamici connessi a valle più efficienti, consentendo così una produzione trigenerativa efficace.
La soluzione più frequentemente utilizzata in piccola taglia è costituita dall’accoppiamento di un sistema CSP con un serbatoio di stoccaggio ad alta temperatura e con un sistema operante a ciclo Rankine a fluido organico, che talvolta connesso in serie con un assorbitore a bromuro di litio permette di soddisfare la domanda energetica durante tutto l’anno. Il problema risiede però nella complicazione impiantistica che riduce molto l’applicabilità di questi mini sistemi trigenerativi: l’integrazione di tutti i componenti è, infatti, di fondamentale importanza. Nel 1998 Dharendra Yogi Goswami ideò un ulteriore ciclo termodinamico innovativo (da cui prende il suo nome) impiegato per produrre sia energia elettrica che potenza frigorifera basandosi su una miscela binaria acqua-ammoniaca. Dal punto di vista termodinamico il ciclo Goswami può essere considerato la combinazione di un ciclo Rankine e di un ciclo frigorifero ad assorbimento, con il vantaggio che la produzione elettrica e frigorifera possono essere modulati a piacere mantenendo un rendimento di II° principio molto alto.
Attualmente ci sono solo pochi dati sperimentali su macchine di piccola taglia, ma i risultati sono molto promettenti. Utilizzando una miscela binaria di acqua e ammoniaca l’impatto ambientale è molto ridotto, mentre la sorgete termica è sfruttabile anche a temperature dell’ordine dei 110 °C generabili con dei comuni collettori sotto vuoto parabolici a concentrazione attualmente disponibili in commercio. Un normale ciclo Rankine organico produrrebbe efficienze elettriche minori a parità di condizioni per cosi bassi valori di temperatura, un altro punto a favore per il ciclo Goswami. Tanto per dare dei valori, per una temperatura di caldaia di 127 °C a 30 bar ed una temperatura al condensatore/rettificatore di 87 °C e surriscaldatore a 137 °C, fissando una pressione di uscita in turbina di 2 bar si otterrebbe un efficienza di primo principio del 20 % per il Goswami, del 16 % per il ciclo Rankine a fronte di un rendimento di Carnot del 32 %. Ipotizzando quindi di partire con una sorgente termica di 421.6 kW/kg (per kg di fluido binario), si riuscirebbero a produrre 76 kWe/kg e 25.9 kWth/kg di refrigerazione.
Sebbene attualmente ancora non ci siano stati investimenti significativi per lo sviluppo di piccola scala di tale tecnologia al fine di portarla dalla fase prototipale a quella commerciale, ci si attende che nel prossimo futuro gli investimenti nella ricerca delle fonti rinnovabili e soprattutto nel trasferimento tecnologico possano ridurre quel gap che oggi ostacola lo sbocco sul mercato di tali idee innovative.