Hanno prodotto il 50,2% dell'energia totale e soddisfatto il 44,3% della domanda. Le rinnovabili italiane a giugno hanno rafforzato la propria posizione facendo riflettere il comparto
In un anno quindi la produzione green è passata dal 38,2% al 50,2 con i consumi in calo del 6,2%, segno di un’Italia che sta cambiando stile di vita.
Crolla la produzione termoelettrica (-16,3%) e diminuisce il consumo di carbone, mentre aumenta il contributo di idroelettrico (+37,9 per cento), eolico (+31,4 per cento) e fotovoltaico (+15,2 per cento).
“L’evoluzione è chiarissima. Avanzano le fonti rinnovabili e arretrano le fossili. Viene da chiedersi se la politica ne sia al corrente” afferma Andrea Boraschi, responsabile dalla campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Mentre la generazione di energia pulita – che fa risparmiare sull’import di fonti fossili, crea lavoro e azzera le emissioni inquinanti – è oramai in grado di dare un contributo essenziale al fabbisogno del Paese, da più parti giungono segnali inquietanti, di fondi a pioggia per premiare produzioni vecchie e inefficienti, sempre più incapaci di tenere il mercato”.
Quello che fa riflettere è l’intenzione del Ministero per lo Sviluppo Economico di sovvenzionare il termoelettrico italiano con 400-500 milioni l’anno per i prossimi 3 anni portando poi il contributo a 1,5-2 mld nel 2017. Una scelta che fa riflettere, visto il successo delle rinnovabili, quella di aiutare una fonte sporca a riguadagnare parte del mercato energetico. “Abbiamo l’occasione storica di lasciarci alle spalle le fonti più sporche e inquinanti, a partire dal carbone che appare economicamente conveniente solo perché il sistema ETS (Emission Trading Scheme), in Europa, continua a non funzionare. Già oggi le rinnovabili fanno risparmiare al Paese 8-10 miliardi di mancate importazioni fossili. Cosa aspettiamo a imboccare senza esitazioni la strada della rivoluzione energetica, come altri Paesi stanno già facendo?” conclude Boraschi.