(Rinnovabili.it) – Non è la prima volta che questi coleotteri finiscono nelle attenzioni della ricerca energetica. Ma finalmente un team di scienziati dell’University of Syracuse è riuscito a replicare in laboratorio il fenomeno della bioluminescenza delle lucciole con un’efficienza mai vista prima. La chiave della ricerca sono le reazioni che fanno brillare l’addome di questi insetti.
In natura la luce emessa dalle lucciole è dovuta all’ossidazione del substrato fotogeno luciferina ad opera del catalizzatore luciferasi. In questo caso i ricercatori sono ricorsi alla nanotecnologia, impiegando nei loro esperimenti nanofili drogati con la luciferasi. Il sistema risultante è da 20 a 30 volte più efficiente degli altri tentativi finora effettuati per produrre luce. Il trucco, secondo Mathew Maye, assistente professore di chimica presso l’ateneo, sta nel cambiare la portata delle interazioni tra substrato ed enzima. La squadra ha “attaccato” la luciferasi geneticamente modificata ad un nucleo di nanorods in cadmio aggiungendo quindi la luciferina. Quando le sostanze chimiche interagiscono, rilasciano energia che viene trasferita ai minuscoli fili di cadmio che iniziano a brillare. I ricercatori hanno inoltre scoperto che modificando la dimensione del nucleo, nonché allungando o accorciando i nanofili, si possono produrre nuovi colori. E aggiungere così sfumature di verde, rosso e arancione, alla classica luce gialle delle lucciole. Ovviamente il team ha ancora bisogno di studiare come trasferire un quantitativo di energia maggiore per rendere il bagliore più duraturo ed ampliare la scala del lavoro.