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Frigoriferi low carbon con i materiali a cambiamento di fase

Frigoriferi low carbon
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Materiali a cambiamento di fase per la rifregerazione

I nuovi materiali a cambiamento di fase potrebbero portare sul mercato una nuova generazione di frigoriferi low carbon ad alta efficienza. Sull’obiettivo sta lavorando anche un gruppo di scienziati dell’Oak Ridge National Laboratory, una delle tante braccia della ricerca del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Il team ha sviluppato una tecnologia che permette di ridurre i consumi, determinando un calo del 30% delle emissioni di carbonio medie associate a questi apparecchi.

Quanto consuma un frigorifero?

Il consumo elettrico dei frigoriferi dipende essenzialmente dalla loro efficienza, dato che in Europa viene facilmente evidenziato in etichetta tramite la segnalazione della classe energetica in cui si trovano. In linea generale un frigorifero di classe A consuma meno di 100 kWh l’anno, uno di classe G (l’ultima disponibile) può facilmente superare i 303 kWh l’anno. In altre parole esiste un ampio range di miglioramento in grado di portare benefici anche in bolletta. E dal momento che l’elettricità utilizzata per far funzionare i nostri elettrodomestici non è ancora completamente decarbonizzata, ogni incremento di efficienza si traduce anche un minor contributo a livello di emissioni di CO2.

A cosa è legata la domanda di energia? Essenzialmente all’impiego di compressori che si accendono e si spengono giorno e notte, pompando refrigeranti attraverso le serpentine dell’evaporatore per mantenere basse temperature negli scomparti interni. L’applicazione dei PCM (Phase change materials) alla refrigerazione è una delle strade possibili per ottenere nuovi frigoriferi low carbon.

Verso frigoriferi low carbon ad alta efficienza

I materiali a cambiamento di fase sono materiali che immagazzinano il calore latente in virtù della loro composizione chimica. Come dice il nome stesso si tratta di sostanze che cambiano fase nel momento in cui assorbono o rilasciano l’energia termica. E per farlo contengono tipicamente idrati di sale, paraffina o qualche altro biomateriale in grado di accumulare il calore. I ricercatori possono programmare un PCM a una temperatura specifica, personalizzandolo per diverse applicazioni di mercato. Refrigerazione compresa.

In realtà è da tempo che a livello globale vengono studiate le potenzialità dei PCM all’interno delle macchine frigorifere a temperature che possono variare da 0 °C e poco più, fino a -30 °C. Sulla carta infatti il loro impiego permette di ridurre o spostare il carico di raffreddamento, mantenendo al tempo stesso una temperatura stabile per l’uso finale. In altre parole i materiali a cambiamento di fase possono garantire migliorare l’efficienza del sistema di refrigerazione, offrendo risparmi sui costi energetici, prolungando la durata delle apparecchiature e riducendo i costi di manutenzione. Non solo: la riduzione del numero e della volatilità delle fluttuazioni di temperatura ha un impatto positivo anche sulla qualità degli alimenti o degli altri prodotti che devono essere mantenuti al fresco.

L’innovazione di ORNL utilizza evaporatori avanzati con materiali a cambiamento di fase installati in ciascun compartimento per l’accumulo di energia fredda. I ricercatori hanno applicato metalli porosi, una tecnologia di sbrinamento a contatto diretto e un refrigerante con un basso potenziale di riscaldamento globale per migliorare ulteriormente le prestazioni e ridurre al minimo l’impatto ambientale.

“I PCM sono integrati con serpentine dell’evaporatore per mantenere la temperatura costante, richiedendo un ciclo operativo e consentendo ai frigoriferi di funzionare quasi al 100% di notte, quando il consumo di energia è inferiore”, ha affermato Zhiming Gao di ORNL. “Ciò riduce la domanda di elettricità, fa risparmiare sui costi e mantiene l’efficienza.”

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