La figura professionale che affianca i grandi consumatori continua a farsi strada nel Belaese ma il gender gap rimane profondo
I dati Fire sugli energy manager italiani
(Rinnovabili.it) – Dai primi anni ’90 la legge italiana ha imposto ai grandi consumatori di dotarsi di un “Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia”. È quello che più comunemente viene conosciuto come energy manager, figura professionale chiamata a gestire la domanda energetica dell’azienda promuovendo il risparmio.
La Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia (FIRE) cura annualmente la raccolta e la gestione delle nomine tenendo traccia dell’evoluzione del settore. E oggi, in un webinar dedicato, ha presentato il rapporto “Gli energy manager in Italia”. Il documento offre un chiaro ritratto del comparto, seguendone le ultime evoluzioni, segmento per segmento. E ci rivela come le nomine siano cresciute in maniera costante negli ultimi 6 anni segnando complessivamente un più 18 per cento dal 2014 ad oggi.
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Attualmente a livello nazionale si contano 1.702 energy manager nominati da soggetti obbligati; a cui si aggiungono 761 nomine da parte di soggetti volontari. La maggior parte delle figure obbligatorie si concentra nel centro-nord del Paese, dove è presente un’alta localizzazione delle attività industriali e commerciali. Ma anche i dati del Sud Italia iniziano a farsi notare, in particolare le nomine obbligatorie in Sicilia per la P.A. e quelle volontarie in Puglia.
E sebbene la crescita si evidenzi in ogni segmento – agricoltura, industria, forniture, trasporti, terziario, PA – la pubblica amministrazione “continua a manifestare tassi di inosservanza elevati”. “Non è un dato trascurabile considerando che oggi si parla spesso di PAESC, smart city, circolarità e di tanti altri temi correlati”, spiega FIRE. “Non dotarsi di un energy manager è un freno per le amministrazioni nel percorso di crescita”.
Il rapporto mostra come, con l’avvio della transizione ecologica, gli incarichi dell’energy manager sono andati ampliandosi, accompagnando le aziende nei rispettivi percorsi di sostenibilità e di digitalizzazione, e nei nuovi modelli di mobilità.
Sono in crescita anche le donne, per quanto continuino a rappresentare una quota minoritaria (siamo arrivati al 9%). “C’è da colmare un gap di lunga data, essenzialmente legato alla scarsa presenza femminile in passato nei corsi di laurea da cui tipicamente provengono molti energy manager, come ingegneria meccanica ed energetica”, scrive la Federazione.
Un altro elemento da migliorare è l’inquadramento aziendale degli energy manager: solo in un terzo dei casi si tratta di dirigenti. Un aspetto che stride con le dichiarazioni di sostenibilità e decarbonizzazione di tante imprese ed enti, visto che il minimo che ci si aspetterebbe in questi casi è di avere un dirigente di alto livello con in capo obiettivi e primalità legate all’uso razionale dell’energia.