Un nuovo design per raccogliere energia dai movimenti tramite generatori triboelettrici
(Rinnovabili.it) – Raccogliere l’energia dai movimenti umani per alimentare piccoli dispositivi o sensori da indossare, rimane un obiettivo importante sia in campo biomedico che in quello in quello dell’elettronica di consumo. A questo obiettivo da oggi una mano la ricerca svolta da un gruppo di scienziati e scienziate dell’Università tecnica di Riga e dell’Università di Melbourne. Il team ha creato un nuovo design triboelettrico in grado aumentare notevole la produzione energetica di questa tecnologia. Ma per capire di cosa si tratti è necessario fare un passo indietro
I generatori triboelettrici sfruttano l’effetto omonimo, un fenomeno di trasferimento di cariche che si verifica quando materiali diversi – tra cui un isolante – vengono sfregati tra di loro. A differenza del nome, forse per molti sconosciuto, a livello macroscopico la tribolettricità fa parte dell’esperienza comune: basti pensare alle piccole scariche elettriche che si possono generare dopo aver strofinato delle suole in gomma su un tappeto sintetico.
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L’approccio scelto dal gruppo di ricercatori si è focalizzato sull’utilizzo di due diversi polimeri, l’etilene-vinil acetato e l’acido polilattico, impiegati sotto forma di sottilissime fibre. Come spiegato da 2 degli stessi inventori – il dottor Peter Sherrell e la professoressa Amanda Ellis – su Pursuit, il team ha alternato queste fibre in strati seguendo un specifico design per creare dei laminati plastici. “Questi laminati sono costituiti da molti strati microscopici impilati e ogni strato è composto da decine di migliaia di fibre”, scrivono Sherrell ed Ellis.
Pressioni o contatti con il dispositivo, portano allo sfregamento tra i differenti strati e conseguentemente alla generazione di cariche. “Abbiamo modificato le dimensioni e la trama di queste fibre e le abbiamo ordinate in modi molto specifici per ottimizzare l’attrito e l’elettrificazione del contatto e, infine, generare la massima carica”.
Per ottenere i materiali base, lo studio si è avvalso di un processo chiamato elettrospinning o elettrofilatura. Questo sistema permette, attraverso l’applicazione di una tensione, di creare fibre con diametri estremamente ridotti, anche nell’ordine di pochi nanometri a partire da polimeri allo stato fluido. “Una delle sfide della ricerca è stata ordinare e controllare il modo in cui gli strati polimerici interagiscono tra loro. Si tratta di un processo complicato […] e se si sbaglia l’ordinamento, l’elettricità generata si annulla. Un’altra sfida è che i polimeri sono molto morbidi e possono deformarsi facilmente. Quindi, quando proviamo a guardare all’interno per valutare la struttura, possono sciogliersi o rompersi. Ciò rende difficile la caratterizzazione dei materiali e il processo di creazione è molto lento”.
Il risultato però è più che soddisfacente come mostra la pubblicazione sulla rivista Small (testo in inglese). Il design creato permette infatti di produrre energia dai movimenti con un fattore di circa 400 volte maggiore rispetto al passato con questi materiali. E “poiché possiamo sempre introdurre più interfacce utilizzando fibre più sottili, questo tipo di generazione elettrica è molto scalabile”.