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Elettricità dalle acque reflue, ci pensa l’Escherichia coli

Un gruppo di ricercatori dell'EPFL ha migliorato la capacità batterica di generare elettricità, offrendo un approccio ottimizzato e sostenibile al trattamento dei rifiuti organici

Elettricità dalle acque reflue
By Photo byfkfkrErbe, digital colorization by Christopher Pooley, both of USDA, ARS, EMU. – This image was released by the Agricultural Research Service, the research agency of the United States Department of Agriculture, with the ID K11077-1 (next)., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=958857

Prodotta elettricità dalle acque reflue di un birrificio svizzero

(Rinnovabili.it) – È parte del normale microbiota intestinale dell’uomo ma in alcuni casi può determinare patologie anche gravi. E in altri può aiutarci a produrre energia pulita dall’acqua sporca. Parliamo dell’Escherichia coli, batterio largamente studiato e ormai da tempo arruolato nell’esercito delle biotecnologie. Un gruppo di scienziati dell’Ecole Polytechnique Federale de Lausanne (EPFL) l’ha, tuttavia, voluto mettere alla prova in un campo, di base, meno congeniale: la produzione di elettricità dalle acque reflue.

A differenza di altri tipi di batteri, infatti, gli Escherichia coli mostrano un limitato trasferimento di elettroni extracellulari (TEE) e esclusivamente affidato a molecole esogene (ossia già presenti nell’ambiente) che fungono da mediatori. Questo tipo di fenomeno è necessario ai fini della bioelettricità e attualmente è sfruttato in diversi dispositivi elettrochimici grazie all’impiego di microrganismi più adatti al compito, come Shewanella oneidensis. Perché allora intestardirsi con l’E. Coli? La risposta arriva dal professor Ardemis Boghossian dell’EPFL. “Sebbene esistano microbi esotici che producono naturalmente elettricità, possono farlo solo in presenza di sostanze chimiche specifiche. D’altro canto l’Escherichia coli può crescere su un’ampia gamma di fonti, il che ci ha permesso di produrre energia elettrica in un diversi ambienti, comprese le acque reflue”.

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Un TEE ottimizzato per l’E.coli

Quello che ha fatto il team è stato modificare il microrganismo affinché aumentasse il suo TEE. Per la precisione ha creato un percorso completo di trasferimento degli elettroni all’interno del batterio integrando componenti di Shewanella oneidensis MR-1. Questa ingegnerizzazione ha superato i precedenti approcci parziali e ha portato a un aumento di tre volte nella generazione di corrente elettrica rispetto alle strategie convenzionali. Il risultato si è dimostrato un successo anche con fonti in cui altri batteri elettrogenici vacillano.

I test effettuati hanno mostrato eccellenti prestazioni in diversi ambienti, riuscendo a produrre elettricità persino dalle acque reflue di un birrificio locale di Losanna. E come spiegano gli scienziati del l’EPFL, le implicazioni dello studio – pubblicato su Joule (testo in inglese) –  vanno oltre il trattamento dei rifiuti. Essendo in grado di generare energia da un’ampia gamma di fonti, l’E. coli ingegnerizzato può essere utilizzato anche nelle celle a combustibile microbiche, nell’elettrosintesi e nel biosensing.

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