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Celle a combustibile liquido, e se battessero quelle a idrogeno?

Un gruppo di ingegneri della Washington University ha sviluppato fuel cell a boroidruro di sodio che funzionano al doppio della tensione delle convenzionali celle a combustibile idrogeno

Celle a combustibile liquido
Credits: Honza chodec CC BY-SA 3.0, Link

(Rinnovabili.it) – L’elettrificazione del settore dei trasporti, uno dei maggiori consumatori di energia al mondo, ha oramai spalancato le braccia alle fuel cell a idrogeno. Negli ultimi anni la tecnologia ha contaminato veicoli leggeri, autobus, camion, treni e persino aerei. Tuttavia, la necessità di trasportare e immagazzinare idrogeno non sempre rende quest’opzione vantaggiosa per tutti e in ogni business case. Una alternativa? Le celle a combustibile liquido diretto.

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Si tratta di pile in grado di utilizzare diversi tipi di carburanti liquidi, come ad esempio gli alcoli, senza reforming catilitico (processo che aumenta il numero di ottano di una miscela idrocarburica). In teoria le celle a combustibile liquido diretto potrebbe far progredire l’elettrificazione del settore dei trasporti, senza la necessità di particolari strutture di stoccaggio. Ma la domanda che ci si pone in questo caso è: riescono ad eguagliare le prestazione delle fuel cell a idrogeno, anche in termini di densità di potenza?

La risposta arriva oggi da un nuovo studio della McKelvey School of Engineering della Washington University (USA). Qui un gruppo di ricercatori ha sviluppato una cella ad alta potenza alimentata a boroidruro di sodio (NaBH4) diretto. In realtà, l’impiego di questo composto nelle celle a combustibile non è una novità. Esistono già unità su piccola scala che sfruttano il NaBH4. In questo caso, le molecole vengono decomposte, ai fini della produzione elettrica, in acqua e sodio borato che a sua volta viene recuperato per rigenerare il boroidruro. 

La novità del lavoro statunitense sta nell’aver creato una cella a combustibile liquido diretto che funziona al doppio della tensione delle fuel cell a idrogeno convenzionali. Per raggiungere questo risultato, il team di ricerca – guidato da Vijay Ramani – ha identificato una gamma ottimale di portate, architetture del campo di flusso e tempi di permanenza che consentono un funzionamento ad alta potenza. 

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Questo approccio affronta le sfide chiave di questa particolare pila a combustibile, compresa la mitigazione delle reazioni parassitarie. Nel dettaglio il gruppo ha dimostrato una tensione operativa a cella singola doppia rispetto a quella ottenuta con celle a idrogeno, con potenze di picco vicine a 1 Watt / cm2. Il raddoppio della tensione consente un design più piccolo, più leggero ed efficiente, che si traduce in significativi vantaggi in termini di peso e dimensioni quando si assemblano più celle assieme. E il loro approccio è ampiamente replicabile con altri classi di liquidi. I risultati del lavoro sono stati pubblicati su Cell Reports Physical Science (testo in inglese).