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Batterie spray e il boccale di birra si trasforma in accumulatore

(Rinnovabili.it) – La batteria ricaricabile creata nei laboratori della Rice University non ha nulla a che vedere con quanto prodotto fino ad oggi dall’industria dei dispositivi di storage. Nell’ateneo texano, infatti, le tradizionali pile hanno ceduto il passo ad una soluzione più flessibile e decisamente più innovativa: un accumulatore spray.

Attraverso l’impiego di quella che sembra essere la pietra miliare della scienza del nuovo millennio, vale a dire la nanotecnologia, i ricercatori americani sono riusciti a creare una batteria spruzzando su un substrato i vari componenti chimico-fisici delle pile. L’autore Neelam Singh e il suo team hanno trascorso ore nella formulazione, miscelazione e sperimentazione delle vernici che costituiscono ciascuno dei cinque componenti delle tradizionali celle agli ioni di litio: due collettori di corrente, due elettrodi e un separatore polimerico nel mezzo. Per ricostruire la batteria le vernici sono state spruzzate in sequenza ricreando la giusta disposizione di strati delle normali batterie e ottimizzando le singole miscele fino a raggiungere la stabilità meccanica delle varie componenti.

Il primo strato (il collettore positivo) è una miscela purificata di nanotubi di carbonio a parete singola, con particelle di nerofumo disperse nel N-metilpirrolidone. Il secondo (il catodo) contiene ossido di litio cobalto, carbonio e grafite ultrafine in polvere in una soluzione legante. Il terzo strato ( il polimero) è costituito da una resina Kynar Flex, PMMA e biossido di silicio dispersi in una miscela solvente. Il quarto (l’anodo) è una miscela di ossido di litio e titanio mentre lo strato finale (il collettore negativo) è costituito da una vernice di rame conduttivo, diluita con etanolo.

I materiali sono stati aerografati sui substrati più disparati, dalle piastrelle in ceramica a supporti in plastica, vetro o acciaio, fino addirittura sulla parte di un boccale di birra. In uno degli esperimenti realizzati sono state collegate in parallelo nove “batterie-piastrelle”, una delle quali collegata a sua volta ad una cella solare; una volta completamente cariche sono riuscite ad alimentare per circa sei ore, con una corrente di 2,4 volt, una serie di lampadine LED, mantenendo la loro capacità massima anche dopo 60 cicli di carica e scarica.

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