(Rinnovabili.it) – Facile come fare il pieno ad un’auto a benzina e altrettanto veloce: la nuova batteria ricaricabile della Purdue University promette di cambiare i “classici” sistemi di rifornimento dell’auto elettrica, riducendo tempo e costi. Da dove arriva questa sicurezza? Dagli ultimi progressi tecnologici messi a punto dal professore John Cushman e dal suo team. I ricercatori dell’Indiana hanno messo mano all’architettura tipica della batteria di flusso, promettente dispositivo di energy storage, migliorandone le promesse energetiche.
Batteria di flusso, come funziona?
Si tratta di sistemi in cui gli elettroliti vengono fatti fluire attraverso una cella elettrochimica che converte l’energia chimica in energia elettrica. La caratteristica principale di questa tecnologia è l’indipendenza tra l’energia stoccata e la potenza erogata: l’energia immagazzinata dipende infatti dal volume e dalla concentrazione di elettrolita contenuto nei serbatoi; la potenza invece è funzione della superficie della membrana attraverso cui avviene lo scambio ionico e del sistema di conversione della potenza. Il design, inoltre, riduce notevolmente tutti i problemi di sicurezza che oggi tormentano il prodotto numero uno nell’accumulo energetico moderno, ovvero le batterie al litio. Il risultato? Le flow battery si caricano rapidamente e vantano un lungo ciclo di vita.
Di contro sono ingombranti (gli elettroliti fluiscono attraverso la cella elettrochimica da una “vasca” all’altra con l’aiuto di un complicato sistema di valvole e pompe) e più costosi da produrre rispetto alle tradizioni batterie ricaricabili.
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È esattamente a questo punto che si inserisca l’idea di Cushman e colleghi. La squadra ha rimosso le membrane della batteria di flusso, sostituendole fluidi polari immiscibili, ossia acqua salata e metanolo (o etanolo), stabilizzati da mezzi porosi. Questo permette all’IFBattery – così è stata battezzata la batteria e lo spin off che la realizzerà – di essere ricaricata tramite sostituzione dei fluidi anziché corrente elettrica. In questo modo si otterrebbe non solo un taglio dei tempi di ricarica, riducendo i costi e aumentandone la durata del dispositivo, ma anche una drastica riduzione di nuove infrastrutture.
Gli elettroliti “esausti” spiegano i ricercatori, potrebbero essere raccolti e portati a un impianto solare o eolico per essere ricaricati. “Invece di raffinare il petrolio, gli impianti rielaborerebbero gli elettroliti, invece di erogare benzina, le stazioni di rifornimento fornirebbero una soluzione di acqua ed etanolo”, spiega Cushman.
Qui i tutti i dati elettrochimici sulla nuova batteria di flusso senza membrane.