Se non troveremo il sistema di produrre il freddo con le rinnovabili, il riscaldamento globale andrà fuori controllo in tempi troppo rapidi per rimediare
(Rinnovabili.it) – Il paradosso è questo: il drastico incremento della domanda di freddo, finirà per impedirci di tenere a freno il riscaldamento globale. La richiesta di condizionamento e refrigerazione, in vertiginosa espansione, è stata troppo a lungo osservata con sufficienza: ma è una delle principali minacce per il raggiungimento degli obiettivi che il mondo si è dato in tema di contrasto ai cambiamenti climatici.
È una inchiesta del Guardian ad accendere i riflettori su quella che viene definita «la cenerentola del dibattito energetico». Per capire la portata del rischio, basti pensare che il consumo mondiale di energia per il raffrescamento dovrebbe salire di 33 volte entro il 2100 a causa dello sviluppo di alcune economie emergenti e dell’urbanizzazione. Già oggi gli Stati Uniti utilizzano, per il condizionamento, una quantità di energia pari a quella che l’Africa intera spende per ogni comparto della vita. Senza contare che Cina e India stanno velocemente recuperando terreno: già oggi, l’aria condizionata rappresenta circa il 40% del consumo energetico a Mumbai. Più della metà del picco estivo nei consumi dell’Arabia Saudita – che vale 1 miliardo di barili di petrolio all’anno – è figlio della domanda di freddo. Entro la metà del secolo il mondo userà più energia per il raffreddamento che non per il riscaldamento.
Un secolo di freddo può segnare le sorti del pianeta
Nato nel 1914 – data di produzione del primo frigorifero – il freddo artificiale è un fenomeno relativamente giovane. Tuttavia, è divenuto in pochi decenni parte indispensabile della vita del 21° secolo, soprattutto nelle economie avanzate. Le persone ormai hanno automobili con l’aria condizionata, condizionatori domestici, congelano il cibo. Le industrie fanno un utilizzo immenso di questo servizio: da quella farmaceutica all’acciaio, dai prodotti chimici alla plastica, fino ai mastodontici data center dei grandi player di Internet.
Il problema è che il freddo viene ancora prevalentemente prodotto bruciando combustibili fossili, un fatto che potrebbe rendere totalmente inutili e obsoleti gli obiettivi di taglio delle emissioni concordati alla COP 21 sul clima che si aprirà il mese prossimo a Parigi.
Per generare il freddo si adotta la compressione di vapore, una tecnica vecchia di 100 anni che utilizza refrigeranti fluidi, di solito idrofluorocarburi (HFCs), che assorbono e rilasciano calore più grandi quantità di energia elettrica.
La maggior parte delle proiezioni indicano che la cifra aumenterà notevolmente. Nel corso dei prossimi 15 anni, secondo l’Unione europea, l’energia utilizzata per raffreddare gli edifici in tutta Europa è destinata ad aumentare del 72%, mentre quella per il riscaldamento subirà un calo del 30%. È necessario dunque porsi immediatamente il problema dell’inquinamento: l’aria condizionata e la refrigerazione sono doppiamente climalteranti: non solo sono prodotte a partire da combustibili fossili, ma l’uso parallelo di HFC produce gas serra fino a 4 mila volte più potenti della CO2.
Il mondo si trova, in conclusione, di fronte all’ennesimo bivio: se non troveremo il modo di produrre il fretto tramite energie rinnovabili, siamo destinati a peggiorare sensibilmente la qualità della vita e dell’ambiente che ci circonda. Se il dibattito sul clima non comincia a concentrarsi su questo elefante nella stanza, la corsa verso il baratro potrebbe raggiungere un’accelerazione irrefrenabile.