(Rinnovabili.it) – Dopo ben nove tentativi falliti, e sette anni di attenzioni particolari da parte dei governi che si sono succeduti, è il momento del nuovo decreto Salva Ilva. Ma anche il decimo piano di salvataggio del polo siderurgico si profila un risultato poco convincente, per non dire preoccupante. Il provvedimento opera in una direzione quasi scontata, estendendo l’immunità penale, già prevista per i commissari, anche ai futuri acquirenti della centrale. Elemento “necessario” se si considera che ogni offerente potrà proporre il suo piano ambientale e le prescrizioni da rispettare. Un abito cucito sulle esigenze degli interessi privati, che sarà controllato da un comitato di esperti del Ministero dell’Ambiente, senza consultare il dicastero della Salute o la Regione.
E nel segno di quanto fatto già con il nono DL Salva Ilva, allunga ancora una volta i tempi per il risanamento degli impianti: i nuovi compratori avranno tempo, infatti, fino al 31 dicembre 2019 per realizzare il piano, più di tre anni oltre l’originale scadenza, fissata al 4 agosto 2016.
Il cambio di regole in corso d’opera non è la sola cosa che preoccupa. Il provvedimento ha disposto un prelievo di 400 milioni a carico della Cassa per i servizi energetici e ambientali (ex Cassa conguaglio). A prima a saltare sulla sedia è stata l’Autorità per l’Energia AEEGSI che in un documento inviato a Governo e parlamento ha messo ben in chiaro come il prelievo e la restituzione prevista non prima del 2018 ridurrebbero i margini di manovra da parte della Cassa con un rischio ben definito: “determinare la necessità di acquisire ulteriore gettito derivante dal prelievo tariffario a gravare sulle bollette energetiche” di famiglie e imprese.
Il Ministero dello Sviluppo economico si è affrettato a rassicurare che il la norma in discussione prevede “un prelievo temporaneo” e che lo stesso sarà regolarmente rimborsato senza alcun effetto sui prezzi.
Ma le critiche non sono tardate ad arrivare: “Qualche benpensante del Pd dirà che si tratta di soldi che saranno restituiti – ha detto il portavoce in Commissione Attività produttive Davide Crippa illustrando la relazione di minoranza – ma già il 28 febbraio 2015 non è stato rimborsato alcun prestito. L’Ilva perde 2,5 milioni di euro al giorno. Ha perso 918 milioni nel 2015, 641 nel 2014, 911 nel 2013, 620 milioni nel 2012. Insomma parliamo di un soggetto con nessuna prospettiva di rilancio imprenditoriale”.