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Cosa cambiare nella politica energetica italiana post COP21

Il sorpasso delle rinnovabili sulle fossili è già una realtà. Ora l’Italia deve interiorizzare questo superamento storico nelle proprie politiche energetiche per mantenere le promesse fatte alla COP21

Cosa cambiare nella politica energetica italiana post COP21

 

(Rinnovabili.it) – Nel 2015 hanno fatto mangiare la polvere alle fonti fossili attirando investimenti da capogiro e offrendo in diversi paesi prezzi realmente concorrenziali. Ma se soffermiamo lo sguardo in Italia, le energie rinnovabili sembrano aver tirato il freno a mano. Una lunga lista di provvedimenti governativi ha reso in questi ultimi anni il terreno incerto e scivoloso, ha danneggiato il comparto nostrano delle green energy ma soprattutto  ha creato una spaccatura tra promesse climatiche fatte a livello internazionale e realtà.

A raccontarci cosa debba cambiare nella politica energetica nazionale, alla luce della COP21 sui cambiamenti climatici e dell’Accordo di Parigi, sono i partecipanti al convegno organizzato oggi a Roma da assoRinnovabili.

L’appuntamento ha provato a tracciare il percorso energetico che il Belpaese dovrà compiere alla luce delle promesse fatte lo scorso anno a Parigi.

Il taglio delle emissioni necessario a fermare l’aumento delle temperature globali non può prescindere da un programma nazionale che investa in maniera lungimirante sulle fonti rinnovabili. Una scelta, questa, che non viene tuttavia dettata solo da pure esigenze ambientali. Dalla ricerca “Il Global Cost dell’energia e gli effetti dello sviluppo delle rinnovabili condotta da Althesys e presentata nel corso dei lavori, emerge come produrre energia utilizzando le fonti fossili costi di più rispetto alla produzione da fonti green quando nel calcolo sono aggiunte anche le esternalità negative.

 

In realtà le differenze tra le fonti si apprezzano già sul fronte dei costi industriali sostenuti per la generazione elettrica lungo l’intero arco di vita degli impianti (Levelized Cost Of Electricity – LCOE). “Per gli impianti a gas naturale e carbone il costo di generazione è fortemente influenzato dal prezzo del combustibile, che può subire ampie fluttuazioni nel tempo”, spiega Althesysis. LCOE delle rinnovabili invece “è in larga parte dato dal costo di investimento (Capex) ed è prevedibile per la vita dell’impianto”. In condizioni di elevati prezzi del gas, l’eolico risulta più conveniente già sulla base dei soli costi industriali (esternalità non incluse), mentre l’idroelettrico di grande taglia è sempre la fonte più economica. E per il futuro è atteso un ulteriore calo nel mondo, fino a 30-40 $/MWh per l’eolico e 50-55 per il fotovoltaico.

 

L’analisi riporta due scenari: lo scenario Business as usual (BAU) più prudente, che prevede di mantenere una quota di generazione FER del 38% sulla domanda elettrica al 2030 (345 TWh) e lo scenario Accelerated Deployment Policy (ADP) che ipotizza una penetrazione maggiore delle FER elettriche, sino a raggiungere il 55% della domanda al 2030: fotovoltaico 35 GW, eolico 20 GW, mini-idroelettrico 7,76 GW, bioenergie 6,0 GW e geotermico 2 GW entro il 2030. I benefici netti per l’Italia sarebbero di oltre 29 miliardi di euro nello scenario BAU e di circa 104 in quello ADP.

 

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