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Corea, il nuovo presidente stacca la spina al nucleare

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Il quinto produttore nucleare al mondo abbandona l’atomo

 

(Rinnovabili.it) – Verso un’era libera dal nucleare. Questa è la destinazione che dovrà darsi la Corea del Sud, secondo le dichiarazioni del nuovo presidente Moon Jae-in, liberale di sinistra che ha vinto lo scorso mese le elezioni.

Parlando ad un evento organizzato per celebrare la chiusura del più antico impianto atomico del paese, Kori-1, ha detto: «Finora, la politica energetica della Corea del Sud ha perseguito prezzi a bassi ed efficienza. I prezzi di produzione economici sono stati considerati una priorità, mentre la vita e la sicurezza del pubblico è rimasta sul sedile posteriore. Ora è il momento di cambiare. Aboliremo la nostra politica centrata sul nucleare e cancelleremo completamente tutti i piani per la costruzione di nuovi reattori».

Parole forti, cui si aggiunge l’intenzione di non estendere la vita utile degli impianti esistenti, molti dei quali giungeranno a fine vita tra il 2020 e il 2030.

 

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Lo sforzo per denuclearizzare il paese sarà titanico: la Corea del Sud è il quinto produttore al mondo di energia dall’atomo, con 25 reattori che generano un terzo della sua elettricità. L’amministrazione precedente, guidata da  Park Geun-hye, aveva in programma di salire a 39, ma l’impeachment e il successivo arresto per abuso di potere e corruzione ne hanno fermato la corsa. Le urne hanno dato fiducia a Moon, che ora risponde con annunci piuttosto impegnativi.

«La condizione economica del paese è cambiata, la nostra consapevolezza sull’importanza del contesto è cambiata – ha detto il presidente – L’idea che la sicurezza e la vita delle persone siano più importanti di ogni altra cosa è ha un forte consenso sociale».

Un consenso e una coscienza fioriti dopo il disastro di Fukushima, che ha lasciato un profondo vuoto e grande paura nelle nazioni orientali profondamente votate all’energia nucleare. La Corea del Sud, come il Giappone e altri paesi in quella fetta di mondo, non è al riparo da terremoti e potenziali tsunami che potrebbero dare origine a catastrofi come quella del 2011. Specialmente se la corruzione – come saltò fuori nel 2013 riguardo alla centrale di Fukushima – si infiltra in questi delicati impianti, certificando come solide strutture più deboli del previsto.

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