Sabato 22 aprile, all’interno della maratona televisiva Rai organizzata da Earth Day Italy, si è parlato anche di CER e condivisione energetica nel talk di Rinnovabili.it
(Rinnovabili.it) – “Comunità energetica rinnovabile, conviene al portafoglio, all’ambiente o ad entrambi?” Questa la domanda da cui è partito il talk di Rinnovabili.it, uno degli eventi della maratona televisiva realizzata da Earth Day Italia in collaborazione con Rai Play per la Giornata mondiale della terra 2023. Un appuntamento nato per discutere insieme ad esperti e realtà di settore, una delle nuove configurazioni dell’energy sharing più vantaggiose per i cittadini.
A condurre l’evento Marco Frittella, direttore Rai Libri e Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili.it che ha in apertura ha spiegato. “Le comunità energetiche rinnovabili sono la grande novità che sta stravolgendo il mondo della transizione energetica, quella promossa da Rinnovabili.it. E oggi tenteremo di raccontare le potenzialità di questo nuovo strumento e le modalità per accedervi”.
La transizione energetica è un diritto. Un diritto di tutti i cittadini europei chiamati oggi a partecipare al cambiamento producendo, accumulando, consumando e condividendo l’energia pulita. A sancirlo è la Direttiva comunitaria 2001/2018 sulla promozione dell’uso dell’energia rinnovabile, anche nota come RED II. Il provvedimento in questione riconosce formalmente le nuove forme di energy sharing basate sulla collaborazione tra prosumer (produttori che auto-consumano la loro energia) e semplici consumatori. Configurazioni di cui le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono lo strumento più potente e inclusivo. Le CER hanno l’obiettivo di facilitare la generazione distribuita dell’energia pulita in maniera diffusa e capillare sul territorio premiando aggregazioni di cittadini, PMI e Pubblica amministrazione a livello locale.
I vantaggi sono molteplici ma non sempre conosciuti. Le comunità energetiche offrono benefici ambientali, contribuendo alla decarbonizzazione del paese e portando l’offerta energetica a due passi dalla domanda. E benefici economici, grazie all’impianto incentivante studiato dal Governo e alla possibilità di valorizzare il surplus produttivo in rete. Ma anche sociali, promuovendo processi di partecipazione e aggregazione e prestandosi come perfetto strumento di lotta alla povertà energetica.
Come ricordato da Maurizio Delfanti, Amministratore Delegato RSE, “le comunità energetiche rappresentano una nuova modalità di produrre energia e condividerla sul territorio. Per noi di RSE è un campo di ricerca che abbiamo praticato negli ultimi trienni della ricerca di sistema”. La società ha esplorato come prima cosa gli aspetti tecnologici – dalle tipologie di impianti rinnovabili ai sistemi di accumulo passando per sistemi di comunicazione fra i diversi utenti – per poi indagare i benefici economici e quelli sociali. E ha fornito il primo quadro dei diversi modelli organizzativi a partire dalle esperienze nate in Italia.
“Di certo questa nuova modalità può essere il volano per sviluppare le rinnovabili. Ricordiamoci che da qui al 2030 ci aspetta una strada fatta di 70-80 GW di nuove installazioni rinnovabili, soprattutto eoliche e fotovoltaiche. La modalità ‘comunità’ immaginiamo che ci aiuti a coprire circa 5.000 MW”. Un piccolo contributo ma fondamentale dal punto di vista culturale per aiutare a comprendere come l’accettazione di impianti energetici da fonte rinnovabile, soprattutto quando di piccola taglia, integrati nei tetti o superfici urbane, possa “creare valore che rimane sul territorio”.
“In Europa – ha commentato Gianni Girotto, Coordinatore Comitato per la transizione ecologica M5S – siamo stati i primi a recepire la direttiva comunitaria con 18 mesi di anticipo rispetto alla scadenza legislativa […] Adesso manca l’ultimo tassello che è in mano al Governo, ma voglio chiarire che le Comunità energetiche rinnovabili si stanno già facendo, il quadro normativo attuale è già completo per realizzare le piccole CER”. L’attesa è oggi sul nuovo decreto ministeriale attuativo che permetterà di ampliare le dimensioni delle CER, sia per perimetro che per tagli di impianti. “Ma è importante che le imprese capiscano che possono partire immediatamente con progetti più piccoli, che il business model è assolutamente attivo e che le CER fanno risparmiare denaro”. Cosa frena il settore? In buona parte le poche certezze offerte delle politiche energetiche attuali. “Le imprese non si fidano più dopo quello che è successo con il Superbonus”, non considerando però il fatto che queste nuove configurazioni dell’autoconsumo siano legate ad una precisa direttiva comunitaria che non può essere disfatta dai Governi nazionali.
Una cosa è certa, gli enti locali si stanno già muovendo. Come sottolineato da Edoardo Zanchini, Direttore Ufficio Clima Comune di Roma, oggi un comune può fare due cose: aiutare tutti coloro che vogliono realizzare le comunità energetiche, “e in questo senso noi stiamo lavorando per semplificare la normativa, per aiutare l’accesso al credito” e dare una mano attraverso il patrimonio edilizio pubblico. Proprio per sfruttare questa risorsa, la Capitale ha lanciato un progetto diffuso che coinvolge gli istituti scolastici, scegliendo in ognuno dei 15 municipi una scuola dove partire con la prima CER. “L’obiettivo è di produrre energia da rinnovabili, in primis per l’autoconsumo della scuola […] mettendo a disposizione tutto il resto del tetto alla comunità energetica che si andrà a realizzare”. Con altre due finalità, una culturale e una sociale. Il progetto infatti mira a coinvolgere la comunità locale e in particolare famiglie in difficoltà, case famiglia e associazioni del terzo settore che possano beneficiare dei vantaggi economici delle CER. Un’iniziativa che farà da laboratorio per l’autoconsumo diffuso locale dell’Urbe anche in vista del più ampio progetto comunale di solarizzare 200 scuole romane.
In questo contesto, sottolinea Cosetta Viganò, Responsabile Affari Normativi e Regolatori, Affari Tecnici, Elettricità Futura, “gli operatori del settore delle rinnovabili hanno un ruolo molto importante […] anche se formalmente non chiaro. Questo perchè nel perimetro della definizione dei soggetti che possono far parte di una CER gli operatori energetici sono stati tagliati fuori”. La normativa prevede infatti che tali configurazioni siano aperte unicamente a cittadini, enti territoriali, autorità locali, attività commerciali e imprese purché la produzione e la condivisione energetica non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale. “Ma man mano che tali configurazioni stanno prendendo corpo, anche al di fuori delle prime realtà sperimentazioni, ci si sta rendendo conto che la partita in molti casi non è così banale da gestire”, aggiunge Viganò. Si tratta infatti di sistemi complessi che richiedono da parte dei membri (consumatori e prosumer) il conferimento ad un referente del mandato per la gestione tecnica e amministrativa della CER. Nel dettaglio il referente si occupa della gestione dei contratti, dello scambio dei dati, della emissione delle fatture da ripartire tra i membri e del rapporto tra la comunità stessa e i soggetti regolatori esterni, come il GSE. Un ruolo sui cui gli operatori energetici hanno già un know how affinato.
Ma per queste nuove realtà della condivisione energetica, è soprattutto importante ottenere una dimensione autonoma. E il perché lo ha spiegato Sergio Olivero, Energy Center Politecnico di Torino. “Potremmo rappresentare una comunità energetica come un iceberg. C’è la parte emersa e più piccola, che è costituita dagli incentivi, e la parte immersa costituita da tutte le altre opportunità legate alla CER. Parliamo del trading dell’energia, delle economie di scala, dei vantaggi fiscali, della possibilità di essere conformi alla tassonomia europea e di alimentare strumenti finanziari innovativi”. Un vero generatore di valore territoriale che deve restare sul territorio per favorire lo sviluppo. Olivero individua in tal senso tre dimensioni: conoscenza (elemento presidiato dall’Energy center di Torino da tempo impegnato sia a fornire consulenza scientifica sul tema sia e far conoscere e valorizzare il Manifesto delle Comunità Energetiche); capacità di governance per l’autogestione delle CER, soprattutto in riferimento alla parte sommersa dell’iceberg; proiezione operativa per trasformare la progettualità in opportunità di sviluppo, puntando a sviluppare una filiera locale di professionisti ed imprese.
Leggi anche Consorzio BIM del Po: dalle CER alle “CET”, creare valore per le vallate alpine
“Riteniamo che le CER rappresentino una grande opportunità”, ha aggiunto Frank Meyer, CEO E.ON Italia. “Al momento solo in Italia e in Spagna esiste già un contesto favorevole per la realizzazione delle CER”. E anche se a livello nazionale mancano ancora alcuni dettagli si può già iniziare a lavorare in tal senso. “Con la comunità energetica si può rendere i cittadini protagonisti della transizione energetica […] modificando anche le abitudini e comportamenti individuali all’insegna dell’efficienza energetica”. Oggi in Italia esistono solo 40 comuni che sono 100% rinnovabili (dati Legambiente del 2022), ha ricordato Meyer, ma esiste un grandissimo potenziale per fare crescere le FER proprio nella dimensione della condivisione virtuale. Uno studio del Politecnico di Milano, citato dal manager, stima che entro il 2025 le CER nazionali saranno circa 40mila e coinvolgeranno circa 1 milione di condomini. “Siamo convinti si debba creare un movimento verde e sostenibile in Italia e per questo abbiamo creato l’iniziativa Make Italy Green con cui rendere le comunità energetiche realtà, perché per noi non si tratta solo di business”.
“Fare comunità significa lavorare insieme, e il primo scoglio è quello di superare il perimetro comunale”, spiega Luigino Bottoni, Presidente della Comunità Collinare del Friuli. “Rappresento un ente molto lungimirante. 56 anni fa 15 piccoli comuni si misero insieme per erogare dei servizi in maniera congiunta, cominciando a lavorare come consorzio. Ovviamente i servizi di 56 anni fa erano diversi da quelli di oggi ma la comunità collinare è sempre stata innovativa”. Per questa esperienza è stato facile iniziare a ragionare in termini di CER, spiega Bottoni. Nel 2020, grazie ad una legge del Friuli Venezia Giulia, i 15 comuni del consorzio hanno dato vita alla Comunità Collinare del Friuli, una realtà amministrativa sovracomunale che si sta strutturando per gestire anche i processi della transizione energetica. E grazie ad un finanziamento di 5,4 regionale ha ottenuto le risorse per realizzare gli impianti funzionali alla gestione delle CER.
Leggi anche Progetto RECOCER, una cabina di regia per le Comunità energetiche
In chiusura dell’evento sono stati presentati in anteprima i risultati del Sondaggio sulle CER 2023. L’indagine somministrata da Rinnovabili.it ai suoi lettori sonda il terreno per capire quanto il grande pubblico conoscono delle nuove configurazioni dell’autoconsumo virtuale. L’87% del campione sa cosa sono le comunità energetiche rinnovabili e ha una chiara visione dei benefici ambientali (91.5%), economici (70,2%) e sociali (53%).