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Visione e prospettive del Progetto RECOCER, la più grande Comunità Energetica Rinnovabile d’Italia

recocer comunità energetiche rinnovabili

In Italia stimate fino a 22mila comunità energetiche realizzabili in pochi anni

(Rinnovabili.it) – Rappresentano la chiave per rendere i cittadini protagonisti della transizione energetica mantenendo sul territorio i benefici economici, ambientali e sociali legati a tale cambiamento. Parliamo delle comunità energetiche rinnovabili (CER), nuove configurazioni introdotte dalla legislazione europea (e nazionale) per facilitare la generazione distribuita da fonti pulite e l’energy sharing. E per aprire agli utenti finali i mercati elettrici senza discriminazioni.

Delle loro potenzialità e delle loro sfide se ne è parlato il 1° luglio a Colloredo di Monte Albano, in provincia di Udine, partendo da quella che è a tutti gli effetti l’esperienza in materia più grande e ambiziosa: il progetto RECOCER (acronimo di Regia Coordinata dei processi di costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili sul territorio) della Comunità Collinare del Friuli.

Amministratori locali, esperti, scienziati, regolatori e impresari si sono riuniti per una full immersion dedicata al progetto e alle nuove forme dell’autoconsumo diffuso, nel convegno organizzato della Comunità Collinare del Friuli (CCF) in collaborazione con il quotidiano sulla sostenibilità ambientale Rinnovabili.it

Come ha spiegato in apertura Mauro Spagnolo, direttore responsabile della testata e moderatore dell’evento, “oggi le CER rappresentano la novità più elettrizzante del nostro settore proprio perché connesse a tutti i segmenti chiave della transizione ecologica”. E a queste realtà è affidato un compito essenziale: trasformare la decarbonizzazione nazionale in uno strumento a vantaggio di persone e territori oltre che in una leva per accelerare la crescita delle green energy. Secondo recenti analisi – ha ricordato Spagnolo – le CER potrebbero contribuire con oltre 17 GW agli incrementi energetici a zero emissioni previsti dal Piano Energia e Clima 2030.

Sul fronte normativo mancano ancora alcuni tasselli ma, assicura Vannia Gava, Viceministro del MASE, “siamo quasi al traguardo del decreto ministeriale che disciplina i nuovi incentivi per il comparto. Il provvedimento “prevede, oltre a una serie di semplificazioni per la realizzazione delle CER […] anche un incentivo in bolletta per i produttori e i consumatori dell’energia verde condivisa, con un investimento di 2,2 miliardi di euro per le comunità che nasceranno nei piccoli comuni. Alcune stime indicano che in pochi anni potranno essere realizzate da 15mila a 22mila comunità energetiche in Italia”.

Autonomia energetica, la parola d’ordine è collaborare

In questo contesto la CCF ha fatto da apripista. “Siamo 15 comuni che compongono la Comunità collinare. Comunità che ha ormai una certa anzianità di servizio dal momento che è attiva da più di 55 anni e che continua ad offrire un esempio di collaborazione e lavoro condiviso, ingredienti fondamentali per far nascere una comunità energetica”, ha commentato Michele Fabbro, Presidente dell’Assemblea dei Sindaci della Comunità Collinare del Friuli.

 L’aiuto economico per far partire l’iniziativa è arrivato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, che oggi ricorda come  l’attenzione verso le nuove configurazioni dell’autoconsumo sia parte integrante delle politiche territoriali. “La Regione ha l’obiettivo molto ambizioso di raggiungere la neutralità climatica 5 anni prima del limite del green deal europeo”, ha affermato Fabio Scoccimarro, Assessore regionale ambiente, energia e sviluppo sostenibile del Friuli Venezia Giulia. “Da ecologista conservatore quale sono, considero l’ambiente prima di tutto. Ma nell’ambiente c’è l’uomo e quindi tutte le nostre politiche vanno in questo senso, anche quelle energetiche”. Come sottolineato da Scoccimarro, attualmente ammontano a circa 300 milioni di euro gli interventi sul fronte energia avviati dall’amministrazione regionale con lo scopo di favorire lo sviluppo sostenibile e l’autonomia energetica del territorio; risorse in cui rientrano anche gli investimenti per le Comunità energetiche rinnovabili. 

Progetto Recocer

Il modello RECOCER

Quando e come è nato il progetto RECOCER? E perché oggi è considerato un modello da imitare per la diffusione di comunità energetiche in Italia? “Il progetto – spiega Luigino Bottoni, Presidente della CCF – è nato 3-4 anni fa grazie alla felice intuizione di un sindaco del nostro territorio, il primo cittadino di San Daniele, che dovendo realizzare un impianto fotovoltaico sua una struttura scolastica, proprio in virtù alla tradizione locale d’agire come territorio e non come singolo comune, ebbe l’idea di portare il progetto alla Comunità Collinare”. Ma nel 2019 il concetto di comunità energetiche era ancora agli albori e il percorso imboccato dalla Comunità Collinare non aveva una guida da seguire o un solco da calcare. 

Un problema? Non per una realtà che, come sottolinea Emiliano Mian, Direttore Generale della CCF, ha sempre avuto “sviluppo e innovazione nel proprio DNA”. Per capire il presente è d’aiuto guardare al passato. La Comunità Collinare è nata come consorzio volontario nel 1967 dall’unione di 15 comuni, per poi diventare ente locale nel 2020 per effetto della normativa regionale. Oltre 50 anni in cui i comuni aderenti hanno imparato a guardare nella stessa direzione e a lavorare assieme dal punto di vista amministrativo e non solo (la comunità collinare aggrega anche le pro loco, i volontari della protezione civile, i servizi sociosanitari, ecc). “Questo ci ha abituato a ragionare sulla visione del risultato finale – ha aggiunto Bottoni – permettendoci anche di comprendere subito il progetto di Comunità energetica e di andare oltre al semplice concetto di risparmio in bolletta”. Mirando piuttosto ad ottenere una remunerazione sociale e amministrativa in vista di una gestione ottimizzata del territorio.

Oggi RECOCER si propone di realizzare 4-5 Comunità energetiche rinnovabili, in linea con il numero di cabine primarie esistenti nel perimetro della CCF, anche in una logica evolutiva di CET (ossia comunità energetica del territorio). La Comunità Collinare aggrega, supporta e coordina i comuni in questa direzione offrendo un modello organizzativo che è anche un modello di business capace di generare un flusso di risorse. “In 20 anni, il periodo della durata degli incentivi del GSE, sarà in grado di generare almeno due volte il valore dell’investimento iniziale”, ha evidenziato Mian. Cosa ancor più importante: tutti i partner del progetto sono pubblici, come ad esempio l’Energy Center del Politecnico di Torino, Magliano Alpi o RSE, a garanzia dell’indipendenza dell’attività svolta. In questo contesto per il periodo 2022-2024 sono stati pianificati oltre 40 impianti fotovoltaici per una potenza unitaria di oltre 2 MW, da realizzare sugli edifici pubblici dei 15 comuni. Due di questi sono già attivi, e ovviamente si trovano nel comune di San Daniele. Ma l’iniziativa ha anche provveduto ad installare strumenti di misura su ogni POD di produzione e consumo, selezionando delle piattaforme dati per monitorare in tempo reale la gestione energetica.

Progetto Recocer evento

Mantenere i benefici delle comunità energetiche rinnovabili sul territorio

Molteplici i benefici associati alle CER: si va dai più noti, ossia quelli economici – generano flussi di cassa tramite gli incentivi per l’energia condivisa e la vendita dell’elettricità al mercato – a quelli meno conosciuti ma ugualmente importanti: dalle agevolazioni fiscali alla creazione di valore in termini di lavoro, dalla realizzazione di economie di scala alla creazione di asset a basso rischio per gli investimenti, passando per nuovi servizi a valore aggiunto e strumenti finanziari.

In questo contesto – e il progetto RECOCER lo ha capito bene – “le CER si configurano in maniera molto simile ad un bancomat territoriale ed è importante che questo bancomat sia a servizio della comunità e non di soggetti gestori esterni”, afferma Sergio Olivero dell’Energy Center del Politecnico di Torino e del Comitato Scientifico IFEC. “Bisogna mettere queste entità nella possibilità di spendere questi soldi e di creare modelli di business bancabili”. Ecco perchè ha senso immaginare una capacità di gestione della CER, integrata e aggregata che consenta di trasformare tali realtà in virtual energy company. “Mini utility con bassissimi costi di gestione e altissima marginalità”. La configurazione ottimale, spiega Olivero, è quella della CET, un‘entità in grado di governare la costruzione di scenari di investimento bancabili, gestendo i servizi e le attività che creano valore.

CER e ruolo delle imprese

Giovanni Collino, Consigliere della Camera di Commercio di Pordenone-Udine, ha salutato il progetto con entusiasmo. “Il mondo imprenditoriale – ha affermato Collino – è attento e partecipe. Le aziende devono prendere parte al cambiamento, ed è necessario che ci sia un’evoluzione culturale. E importante che questi progetti vengano portati avanti sia perché generano valore che può essere redistribuito ma anche perché creano una nuova mentalità, un’occupazione territoriale e una partecipazione dei giovani”. 

Gli fa eco Edoardo De Luca, Responsabile Affari Legali e Istituzionali Elettricità Futura. “Le CER sono prima di tutto un’opportunità per un cambio di paradigma, per far sì che anche i cittadini acquisiscono la consapevolezza dell’importanza degli impianti a fonti rinnovabili”. Ma, aggiunge De Luca, “questo percorso funziona solo se tutti gli attori – cittadini, imprese e PA – sono coinvolti in un sistema di partenariato, muovendosi nella stessa direzione”. Un insegnamento potrebbe arrivare anche da quei Paesi UE che già da tempo hanno fatto proprie le comunità energetiche, come Danimarca e Germania. Quest’ultima da sola conta oltre 5.000 CER sul proprio territorio. “L’elemento che accomuna le esperienze negli altri Paesi è il ruolo delle Utility che affiancano i comuni”, ha sottolineato De Luca. Ecco perché “riteniamo fondamentale che all’interno delle CER ci sia chi abbia le professionalità, le abilità tecniche e la solidità patrimoniale per lo sviluppo corretto dei progetti”.

“La formula per far funzionare le cose è il partenariato pubblico-privato”, ha spiegato nel suo intervento Luca Conti, Chief sales & delivery officer EON Italia Spa. “Ci vuole un livello pari di competenze per poter discutere nella maniera migliore di come realizzare CER a beneficio della comunità, coinvolgendo pubblica amministrazione e mondo accademico, e creando valore di medio-lungo termine. Medio-lungo termine in cui le Energy Company possono avere un ruolo pivotale, non solo per aspetti finanziari ma anche perché sono i soggetti per loro natura più portati ad avere prospettive lungimiranti”.

Altri modelli vincenti per le CER

Emanuele Ramella Pralungo, presidente della provincia di Biella, ha portato sul palco dell’evento l’esperienza del suo territorio e di Ener.bit, società partecipata al 51% dallo stesso ente provinciale e dal 49% da Cordar Spa Biella Servizi. “Noi abbiamo lavorato in senso opposto. La Provincia si è messa a disposizione dei comuni dotandoli di una società – Ener.Bit – in grado di fare alcune operazioni sul territorio e riunendoli assieme, soprattutto quelli medio piccoli”, ha dichiarato Pralungo. “Le CER rappresentano il futuro e funzioneranno se noi che facciamo la parte politica riusciremo a spiegare al cittadino che il successo della comunità dipende dalla loro adesione e convinzione”.

“Per noi questa partita è iniziata 3 anni fa, con l’appoggio dell’Energy Center del PoliTo che ci accompagna in questo percorso”, ha aggiunto Paolo Maggia, Presidente ENER.BIT Srl. La società ha lanciato un bando ai propri enti soci per la costituzione di CER (attualmente l’iniziativa conta ben 30 comuni), attivando contestualmente una campagna di informazione locale. “Oggi siamo arrivati a 329 POD aderenti, tra cittadini privati, edifici pubblici e PMI, trovando sia consumatori che produttori. Questa sinergia ha portato ad una manifestazione di interesse per la progettazione di 12 MW complessivi di fotovoltaico. Un punto di partenza importante”. Il prossimo passo sarà progettare le comunità energetiche vere e proprie. “Il nostro obiettivo strategico è di creare almeno una CER in ogni comune, tutte coordinate e gestite da Ener.Bit, facendo diventare il territorio biellese soggetto attivo e propositivo nel campo dell’energia”, ha concluso Maggia. 

Comunità energetiche rinnovabili, il ruolo dei comuni

“Un comune può farsi promotore della CER ergendosi a stimolo della comunità laddove lo stimolo non dovesse arrivare direttamente dal territorio, aggregando necessità e criticità”. Lo ha spiegato Eleonora Egalini, Funzione Promozione e Assistenza alla PA, del GSE, chiarendo il percorso che gli enti locali possono intraprendere all’interno delle nuove formule dell’autoconsumo virtuale. Diverse le possibilità: i comuni possono “semplicemente” mettere a disposizione i propri impianti di generazione energetica la cui produzione ecceda il fabbisogno di autoconsumo, oppure creare, amministrare e manutenere la CER, promuovendo l’iniziativa sul territorio. In alternativa un ente locale può aderire ad una Comunità energetica già esistente divenendo un membro sia nei panni del consumatore che del prosumer (in questo caso anche in relazione a pod diversi). O ancora può mettere a disposizione i propri asset, dagli spazi pubblici utili agli impianti produttivi veri e propri. “Stiamo predisponendo una guida per i comuni per orientarli nella costituzione di una Comunità energetica nelle diverse fasi: pianificazione, programmazione, progettazione, realizzazione e gestione”, ha anticipato Egalini.

Progetto Recocer,

Tra le altre cose all’amministrazione comunale  va il compito di definire una proposta organizzativa per la società con un modello di ripartizione dei benefici coerente con la disciplina della finanza degli enti locali, e contestualmente aprire e promuovere l’iniziativa sul territorio raccogliendo le adesioni sia dei consumatori che dei produttori. Buona parte delle difficoltà arrivano a questo livello, come ha avuto modo di spiegare nel suo intervento Francesco Dal Piaz dello Studio legale Dal Piaz “Le comunità energetiche rinnovabili realizzate da enti locali – ha sottolineato Dal Paz – presentano criticità peculiari” sul fronte normativo sia nel caso vogliano creare una CER che semplicemente scelgano di aderirvi acquistando una partecipazione. 

Oggi le Corti dei Conti hanno chiarito che i Comuni non possono costituire comunità energetiche con le associazioni, riconosciute e non, per ovvie questioni economiche e amministrative, ma solo come società. Ma quali società?  La normativa a cui si  fa riferimento è il TUSP, testo unico in materia di società a partecipazione pubblica del 2016 che definisce due modelli – società consortili e cooperative – e una serie di incombenze a cui il comune e i soggetti pubblici sono obbligati. Come ad esempio l’obbligo di fornire una motivazione analitica di una serie di elementi essenziali, a partire dai profili di convenienza economica e sostenibilità finanziaria derivate dalla partecipazione societaria. “I modelli consortili sono a mio parere uno dei più corretti per la costituzione di una CER, sicuramente per quelle a iniziativa privata”, ha commentato Dal Paz. “Ma per quelle a iniziativa pubblica vi sono stati dei problemi perché la società consortile è quella più vicina al modello societario classico”, in cui prevale lo scopo commerciale. 

Il modello cooperativo si contraddistingue dal precedente soprattutto per lo scopo mutualistico. Nella pratica offre una serie di vantaggi a partire dal principio della “porta aperta”, e da quello del controllo democratico. “E questo piace alle Corti dei Conti”, sottolinea Dal Piaz. In entrambi i casi il parere del tribunale di controllo è obbligatorio ma non vincolante. La Corte può dire di no e in quel caso il comune la motivare analiticamente le proprie ragioni rispetto al diniego della magistratura, sottoponendo a controlli periodici. 

Più facile è la strada per il modello delle società pubbliche partecipate che possono essere socie di CER, in rappresentanza dei loro enti, senza dover soggiacere alle procedure  del TUSP e ai controlli delle Corti dei Conti, perlomeno quelli diretti”.

CER, tra tecnologie innovati e ruolo dei cittadini

Uno degli aspetti fondamentali nella costituzione delle Comunità rinnovabili è quello di quantificare i consumi da coprire, la potenza necessaria, così come la configurazione tecnica di massima della società. Ed è qui che entrano in campo le nuove tecnologie disruptive.

“Oggi esiste un problema: andare a capire velocemente e con facilità dove installare le CER e dove poter utilizzare le varie tecnologie di produzione rinnovabile”, ha commentato Francesco Meneghetti, fondatore e Ceo di Fabbrica digitale Srl spiegando in che modo digitalizzazione, IoT e soluzioni basate sui dati possono dare una mano. Ad esempio attraverso dati satellitari e programmi d’analisi intelligenti è possibile facilitare l’individuazione, territorio per territorio, le sedi di installazione degli impianti rinnovabili, identificando il tipo di superficie disponibile e di risorsa da sfruttare. Le tecnologie avanzate possono anche permettere di immaginare la capacità produttiva e prevedere il fabbisogno territoriale ed extra-territoriale. Permettendo di gestire tutto quello che esula dai semplici incentivi per l’energia condivisa, come il trading dell’energia, le economie di scala o i vantaggi fiscali. Aiutando ad ottimizzare i bilanciamenti tra domanda, consumi e storage, processo complesso che richiede, oltre ad una grande quantità di dati, un coinvolgimento di tutte le parti e un’analisi fine delle abitudini di consumo.

Si focalizza proprio su quest’ultimo aspetto il lavoro svolto dall’Enea. Spiega Gianluca D’Agosta dell’Agenzia nazionale “Noi come ente tecnologico stiamo lavorando affinché le comunità energetiche vengano inserite in un contesto decisamente più ampio di quella della semplice produzione locale. In particolare uno degli obiettivi che ci siamo sempre dati […] è quello di assegnare al concetto della CER un aspetto più sociale e  di rilancio del territorio”.

Come evidenziato da D’Agosta, oggi è quanto mai necessario avviare anche un processo di formazione e informazione dei cittadini che porti ad una nuova consapevolezza energetica dei propri consumi e del proprio peso ambientale. In questo contesto conoscere e monitorare le abitazioni e più in generale i partecipanti della comunità risulta una condizione sine qua non sia per progettare e gestire al meglio le comunità energetiche che per rendere i cittadini una parte attiva del processo. Ecco perché l’Enea sta sviluppando strumenti dedicati alla valorizzazione del territorio, cercando di capire quali saranno tra 4- 5 anni le esigenze delle comunità energetiche rinnovabili, in particolare dal punto di vista dell’informazione del flusso di dati. Il punto d’arrivo? L’ente immagina una CER dinamica, fatta di partecipanti consapevoli e in grado di conoscere i suoi bisogni gestendo in maniera ottimizzata le sue risorse.

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