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Energy Community, le diverse strade dell’energia condivisa in Italia

L'Energy&Strategy Group ha analizzato un campione di casi reali per comunità energetiche e autoconsumatori collettivi evidenziandne le principali tipologie di sviluppo

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I tre cluster delle energy community in Italia

(Rinnovabili.it) – L’Italia prima di altri Paesi europei si è dotata di una norma per sostenere la sperimentazioni delle Energy Community, le nuove forme di autoconsumo e condivisione dell’energia richieste dall’UE. Oggi il Governo sta definendo il provvedimento con cui passare dai casi pilota a realtà consolidate della generazione distribuita, ma la nuova generazione di energy citizens ha già un’ampia rappresentazione. Al punto che, aE a livello nazionale sono identificabili i primi cluster di sviluppo. A segnalarli è l’Electricity Market Report 2021 dell’Energy&Strategy Group. Il rapporto ha valutato un campione di casi reali tra tutte le energy community nate nel Belpaese nel corso degli ultimi mesi.

Nel dettaglio sono state analizzate 33 iniziative: 21 comunità energetiche rinnovabili e 12 gruppi di autoconsumo collettivo, per una capacità di produzione totale combinata di 80 kW. Nel 96% dei casi il fotovoltaico rappresenta la tecnologia di produzione predominante. Nel 37% dei progetti compaiono però anche tecnologie a supporto, come i sistemi di misura e monitoraggio dei consumi. Mentre colonnine di ricarica e impianti di accumulo si aggirano intorno al 15% e 30% dei casi identificati.

Il documento porta alla luce tre cluster principali per il mercato delle comunità energetiche:

  • Il Cluster 1 (“Enti pubblici e terzo settore”) è il più diffuso e si basa sulla relazione diretta tra cittadini ed ente pubblico locale, che funge da catalizzatore dell’iniziativa, e sulla possibilità di beneficiare di finanziamenti a fondo perduto o agevolati. Queste iniziative nascono per mitigare la povertà energetica e generare valore economico sul territorio, e sono anche un possibile strumento di riqualificazione di edilizia popolare. Gli impianti vengono posizionati su edifici pubblici e connessi fisicamente alle utenze dell’ente. Il cluster è caratterizzato da limitate competenze tecniche ed energetiche e da una significativa burocraticità che rende poco scalabile il modello.
  • Il Cluster 2 (“Player energetico”) nasce invece da imprese del settore energetico che coinvolgono il Comune locale per sfruttare la sua conoscenza del territorio e il contatto diretto con i cittadini.  Gli impianti possono essere posti su edifici messi a disposizione dal Comune o da privati e PMI: nel primo caso, l’investimento è effettuato in toto dal player energetico, mentre nel secondo partecipano cittadini e PMI. Le competenze tecniche sono assicurate dal player energetico, la cui presenza può favorire la scalabilità delle iniziative se in grado di trovare un assetto sostenibile da un punto di vista tecnico e finanziario.
  • Nel Cluster 3 (“Privati cittadini”) l’investimento è sostenuto in toto da cittadini e PMI, che possono sfruttare detrazioni fiscali e finanziamenti bancari. Questa casistica è teoricamente la meno articolata, visto il numero limitato di attori in gioco, ed è caratterizzata dalla suddivisione dei benefici economici tra i soli membri dell’aggregato. Nonostante ciò, ad oggi risulta essere la configurazione meno diffusa, perché richiede che cittadini e PMI accettino di sostenere la totalità dell’investimento e sappiano valutarla opportunamente.

Sul fronte dell’autoconsumo collettivo, il report identifica due cluster:

  • Nel Cluster 1 (“Enti pubblici e terzo settore”) l’iniziativa nasce da enti pubblici o cooperative senza scopo di lucro che fungono da catalizzatori, demandando ai membri dell’aggregato il finanziamento delle iniziative stesse, per mitigare la povertà energetica sul territorio e garantire gli strumenti necessari per favorire la diffusione di risorse rinnovabili. 
  • Il Cluster 2 (“Player energetico”) è caratterizzato dalla presenza di un player industriale che ha le conoscenze tecniche e la capacità finanziaria per promuovere lo sviluppo di iniziative di autoconsumo collettivo, ad esempio un’impresa edile che costruisce nuove unità abitative o ristruttura edifici preesistenti: l’investimento è sostenuto dai condomini, che accedono alle detrazioni fiscali e implementano interventi per l’efficientamento degli edifici. Questa configurazione è oggi la più diffusa.