di Edoardo Zanchini
(Rinnovabili.it) – A che punto siamo nella rivoluzione delle comunità energetiche da fonti rinnovabili? La domanda è quanto mai di attualità perché dallo scorso anno nel nostro Paese si può condividere l’energia prodotta da energie pulite tra soggetti che si mettono insieme all’interno di una stessa rete locale con impianti fino a 200 kW di potenza.
Nel corso del 2021, con il recepimento completo della Direttiva europea 2018/2001, le possibilità si amplieranno ancora, eliminando ogni barriera alla condivisione di energie da rinnovabili con una fortissima spinta all’autoproduzione e costruzione di configurazione sempre più integrate e smart, con impianti efficienti di riscaldamento e raffrescamento a pompe di calore, mobilità elettrica e sistemi di accumulo. Ma intanto per fare il punto sulla situazione, può aiutarci il Rapporto presentato ieri da Legambiente dal titolo Comunità rinnovabili, che analizza le comunità energetiche e le configurazioni di autoconsumo collettivo partite nel nostro Paese con la sperimentazione avviata lo scorso anno.
Sono 30 le storie raccolte di vario tipo e localizzazione, che fanno comprendere come queste innovazioni possano prendere forme diverse. Tre sono quelle funzionanti, a Napoli e Magliano Alpi, alle quali si aggiunge l’esperienza di autoconsumo collettivo di un condominio a Pinerolo. La prima promossa da Legambiente e realizzata nel quartiere periferico di San Giovanni a Teduccio, ha visto l’installazione di un impianto solare da 50kW finanziato da Fondazione con il Sud, che ha coinvolto 40 famiglie in difficoltà che potranno godere dei benefici dell’energia prodotta e scambiata.
Sono invece sedici le comunità energetiche in progetto che si trovano nel rapporto, analizzate in dettaglio, e sette quelle ancora nelle primissime fasi preliminari che vedono coinvolti Comuni, imprese e cittadini. Diverse sono le esperienze innovative di produzione e autoconsumo dell’energia che non rientrano dal punto di vista normativo in queste nuove configurazioni, come quella del porto di Savona dove è stata creato un sistema semplice di consumo e produzione a servizio delle utenze portuali, oggi alimentate da 121 kW di pannelli solari fotovoltaici destinati ad aumentare fino a 4 MW, e in grado di soddisfare, una volta a regime, il 95% del fabbisogno annuale di energia del porto di Savona o il 45% di tale fabbisogno più i consumi di una grande nave passeggeri 10 volte al mese. Ma sono interessanti anche le 15 esperienze di autoconsumo, elettrico e termico, legate ad aziende agricole, edifici e interi territori che dimostrano quanto le rinnovabili sono oggi competitive.
Queste esperienze sono una novità perché l’energia è condivisa, mentre fino ad oggi era vietato e l’energia prodotta dagli impianti installati poteva solo essere ceduta alla rete. Ma a che punto siamo del processo di diffusione degli impianti nel territorio italiano? Sono oltre 1 milione gli impianti da fonti rinnovabili installati, in grado di soddisfare il 37,6% dei consumi elettrici totali del Paese e il 19% dei consumi energetici complessivi, attraverso un mix di tecnologie finalizzate alla produzione di energia elettrica e/o termica presente in tutti i Comuni italiani.
In particolare, sono 828.487 gli impianti fotovoltaici installati, oltre 3.369 mini idroelettrici, 4.950 impianti eolici, oltre 187mila a bioenergie (di cui 185mila sono da biomasse solide termiche), oltre 30mila geotermici tra alta e bassa entalpia, a cui aggiungere 4,4 milioni di metri quadri di impianti solari termici. Un mix di tecnologie in grado di portare, nel 2020, la produzione da rinnovabili a 113,9 TWh facendo registrare un aumento nella produzione di quasi 37 TWh rispetto al 2010 e di 58 TWh rispetto al 2006 primo anno di questo Rapporto.
Una crescita che ha permesso in questi anni di chiudere 13 GW di centrali a fonti fossili. Il rapporto racconta questa diffusione con mappe e analisi delle diverse fonti. Sono 7.832 Comuni in cui è presente almeno un impianto fotovoltaico, 7.549 Comuni con impianti solari termici, 1.874 Comuni in cui è presente almeno un impianto mini idroelettrico, concentrati soprattutto nel centro-nord e 1.056 Comuni in cui è presente almeno un impianto eolico (soprattutto al centro-sud). A questi si aggiungono i 7.662 Comuni delle bioenergie (con una forte incidenza dei piccoli impianti a biomassa solida finalizzati alla sola produzione di energia termica) e i 601 della geotermia (tra alta e bassa entalpia).
E’ interessante evidenziare che ci sono 3.493 Comuni in Italia già al 100% rinnovabili rispetto ai consumi elettrici, ossia le realtà dove la produzione elettrica da rinnovabili supera i fabbisogni delle famiglie residenti, e 40 i Comuni rinnovabili sia per i consumi elettrici che per quelli termici, grazie a un mix di impianti che è in grado di coprire sia i fabbisogni elettrici che termici delle famiglie residenti. Accade ad esempio nei Comuni delle Valli del Primiero e Vanoi (TN) o grazie alla presenza di cooperative energetiche, come nei Comuni di Dobbiaco e Prato allo Stelvio in Provincia di Bolzano, per citarne alcuni. Qui si è più avanti nella condivisione di energia, perché consentita da una vecchia Legge che consentiva la creazione di cooperative energetiche nelle aree montane. In questi territori le cooperative locali gestiscono l’intero sistema, dalla produzione alla distribuzione in un sistema locale e distribuito in grado di portare risparmi in bolletta fino al 40% rispetto alle normali tariffe energetiche.
Questa prospettiva di innovazione energetica ha importanti potenzialità nel nostro Paese. Le comunità energetiche, secondo uno studio presentato lo scorso dicembre ed elaborato da Elemens per Legambiente, potranno contribuire con circa 17 GW di nuova potenza da rinnovabili al 2030. Ora che le tecnologie da rinnovabili si sono rivelate competitive e che continua senza sosta la riduzione dei prezzi, la sfida è di capire come arrivare nei prossimi anni a moltiplicare quei numeri con l’obiettivo di aggiungere 60-70 GW da rinnovabili al 2030, per soddisfare gli obiettivi europei riducendo in parallelo i consumi attraverso l’efficienza e arrivare entro il 2040 a fare a meno delle fonti fossili.
E’ una prospettiva fattibile da un punto di vista tecnico e anche economico, ma ha bisogno di una chiara strategia – che l’Italia dovrà fissare quest’anno con l’aggiornamento del piano nazionale energia e clima ai nuovi obiettivi europei – e da politiche capaci di spingere le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, la mobilità sostenibile. Per le rinnovabili la priorità è recepire la Direttiva 2018/2001 e quindi togliere ogni barriera alla diffusione di comunità energetiche e di semplificare gli interventi nei territori, introducendo politiche per la realizzazione di impianti eolici offshore e di fotovoltaico a terra nelle tante aree da bonificare che esistono nel nostro Paese, mentre in parallelo si spinge la produzione di idrogeno verde per i settori più energivori e difficili da decarbonizzare come la siderurgia, la chimica e i trasporti pesanti.
Per riuscirci servirà insistere nel far capire che il nostro Paese ha tutte le risorse e le competenze per prendere questa direzione di cambiamento, oltre che tutto l’interesse grazie ai benefici che possiamo trarre da un sistema economico in cui si riducono le importazioni da fonti fossili e la spesa energetica. Le comunità energetiche dimostrano che queste innovazioni sono oggi a portata di mano e non dobbiamo lasciarci sfuggire una occasione irripetibile per rilanciare il Paese e salvare il pianeta dai cambiamenti climatici.
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