di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Le comunità energetiche rinnovabili (CER) possono essere una risposta reale alla crisi energetica e ambientale che stiamo vivendo? Il Rapporto “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”, promosso da Fondazione Symbola, IPSOS e Gruppo TEA – presentato a Mantova – ha dato una risposta pienamente affermativa a questa domanda.
I problemi, semmai, vengono dai ritardi della politica con i suoi vuoti legislativi, dalla burocrazia che con tenace perversione blocca le migliori iniziative, dai rifiuti di principio di chi non sa nemmeno bene di cosa siano le comunità energetiche.
Comunità energetiche, una soluzione possibile
Siamo nel mezzo di una crisi climatica, energetica e sociale globale. Una situazione descritta dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres durante la COP 27: siamo come un pilota che guida verso l’inferno con il piede che spinge sull’acceleratore”. Il tempo scarseggia e i problemi sono sempre più drammatici, ma cercando il bicchiere mezzo pieno troviamo nelle comunità energetiche una soluzione possibile. Sono state introdotte in Europa nel 2019 con il Clean Energy Package e rappresentano un fenomeno in crescita.
È un tema che coinvolge le comunità locali e suscita grandi aspettative, sono uno strumento fondamentale per la transizione energetica e soprattutto contrastano la povertà energetica (ovvero l’impossibilità di pagare le bollette che affligge tante famiglie). Le comunità energetiche sono in grado di ricostruire le relazioni sul territorio: dopo la pandemia si sente un grande bisogno di ritrovare una dimensione sociale oltre che una soluzione ai problemi energetici e ambientali.
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La novità è che i cittadini sono parte attiva
Nella crisi attuale sarà difficile fornire servizi ai cittadini senza aiuti dello Stato, ha fatto notare Carlo Bottani, presidente della provincia di Mantova, sottolineando un elemento particolarmente innovativo: i cittadini sono parte attiva. «Dobbiamo utilizzare al massimo tutte le energie rinnovabili, in trent’anni sono stati detti troppi no. Le nuove realtà e le evoluzioni in campo energetico devono portare a fare scelte non secondo la pancia dei cittadini ma per lo sviluppo del territorio e con attenzione alla tutela ambientale. Serve un lavoro di squadra, in Italia e in Europa».
Le CER sono una grande opportunità, seppure in un contesto complicato, ma sono anche una preziosa occasione per ricostruire l’alleanza tra lo Stato e i cittadini. La guerra ha accelerato la ricerca di nuove soluzioni alla scarsità di fonti fossili, ma il punto è fare scelte di medio-lungo periodo: la politica energetica è un tema strategico, semplificare le autorizzazioni è un dovere.
Troppi progetti bloccati da veti e ricorsi
Come ha dichiarato il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, «le rinnovabili da sole non risolvono il problema energetico, vanno promosse nell’ambito di un mix energetico tra rinnovabili, fossili e nucleare di ultima generazione, con approccio pragmatico. Due terzi dei progetti sono bloccati da veti e ricorsi: c’è una schizofrenia tra l’incentivare le rinnovabili e poi bloccarle anche in contesti non di pregio».
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«Le CER non sono un argomento astratto», ha detto Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola. Lo prova il Rapporto GreenItaly che censisce le aziende che investono sul green: sono più resilienti, hanno fatturati migliori e creano più occupazione. Non a caso il 40% delle competenze richieste oggi dal mercato hanno forti connotazioni ambientali.
Il valore sociale delle comunità energetiche
Le comunità energetiche realizzano un concetto di coesione, non si lascia indietro nessuno. A questo proposito Realacci fa riferimento al Manifesto di Assisi, impegno per l’ambiente e la coesione sociale sottoscritto da più di 4mila: «Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro».
Le comunità energetiche, sottolinea Realacci, «sono uno strumento formidabile per affrontare la crisi climatica, abbassare le bollette e rendere l’Italia libera dai ricatti energetici muovendosi sulla linea indicata dall’Europa con Next Generation EU. L’Italia può essere protagonista della transizione verde con un’alleanza tra cittadini, imprese, associazioni, istituzioni che fonde empatia e tecnologia e può rendere più forte la nostra economia».
Realacci sostiene che un sistema energetico con più rinnovabili è meno pericoloso, meno aggredibile – pensiamo alle bombe russe vicino alle centrali nucleari ucraine – e più competitivo economicamente: «Chi ha centrali che funzionano e sono sicure le usi, chi non ce l’ha punti ad altro per il futuro. Il nucleare attuale costa troppo, ma è importante continuare a fare ricerca. Puntiamo su chi innova ed è un traino positivo».
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Conoscenza superficiale
Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS, ha presentato il Rapporto “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”. La ricerca, svolta tra ottobre e novembre, ha coinvolto 200 imprese di piccole e medie dimensioni, 80 diocesi e un campione di popolazione composto da 800 italiani maggiorenni, rappresentativo della popolazione per area geografica, genere, età, titolo di studio, condizione occupazionale.
Il Rapporto è di grande interesse è accuratezza. L’obiettivo è comprendere il livello di conoscenza delle comunità energetiche e l’esperienza diretta; delineare i bisogni che queste comunità possono coprire e le aspettative; far emergere le opportunità e le barriere relative all’implementazione di una comunità energetica. Apparentemente tutti conoscono l’esistenza delle comunità energetiche, ma pochi sanno davvero di cosa si tratta.
Timore per la complessità normativa
Diverse le aspettative: se per le diocesi sono l’accelerazione nella transizione ecologica, il rafforzamento dei legami con il territorio e il vantaggio economico; per la popolazione risparmio sulla bolletta e sicurezza energetica.
Tutti auspicano la promozione delle CER da parte delle amministrazioni locali nella convinzione che siano di aiuto per superare la crisi energetica, anche se permane un certo scetticismo sul loro effettivo decollo.
Diviso il mondo delle imprese: il 40% ha già in corso progetti o strategie di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili, il 60% dichiara che non intraprenderà questa strada pur nell’evidenza che la crisi ha agito da acceleratore della transizione energetica e che le comunità energetiche possono dare anche un ritorno in termini di immagine e creare un legame con la comunità locale.
Le imprese sono convinte del ritorno economico generato dalle CER ma sono preoccupate dagli investimenti economici e dalla complessità normativa.
Nuove tecnologie per le imprese
Qualcuno ancora sostiene che le rinnovabili non vanno bene perché legate all’intermittenza del sole e del vento? Letizia Magaldi, vicepresidente di Magaldi Green Energy, smentisce con i fatti: esistono infrastrutture in grado di renderle continue. Magaldi, ad esempio, ha sviluppato l’accumulo termico con una batteria che conserva l’energia nella sabbia, e quindi ecocompatibile.
Le comunità energetiche sono una sfida per filiera tecnologica italiana, che si può vincere. Si possono produrre 70GW al 2030 con infrastrutture e storage. «Prendiamo energia elettrica e rilasciamo energia termica per le industrie, raccogliamo energia in eccesso e la rilasciamo per altre industrie o comunità: Il grande supporta il piccolo, si sa cosa si produce sul territorio e chi lo consuma».
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Urgente definire le regole attuative
«È urgente definire le regole attuative necessarie a dare avvio definitivo alle CER. Nel bel mezzo di una crisi energetica, sussiste un vuoto normativo ingiustificabile, che speriamo si colmi entro il mese, che rallenta i tanti progetti in essere nel nostro Paese. Il processo verso la transizione energetica è avviato, urgente e trasversale, e le CER rappresentano senz’altro una soluzione concreta. In questo processo sono molti gli attori coinvolti, le multiutility come Tea, già impegnata in questo settore, sono chiamate a supportare gli enti locali nell’abbracciare al meglio queste opportunità di sviluppo ambientale, economico e sociale, e a svolgere un ruolo attivo nel promuovere un cambiamento culturale nelle rispettive comunità», ha commentato il presidente di Gruppo Tea, Massimiliano Ghizzi.