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Combustibili marittimi: i rischi delle nuove regole IMO

Combustibili marittimi
Credits: Alexander Bobrov da Pixabay

Secondo un’indagine di Reuters, il settore marittimo è in allarme per le nuove regole IMO e la qualità del combustibili marittimi a basso contenuto di zolfo.

 

(Rinnovabili.it) – Di fronte all’imminente entrata in vigore delle nuove regole IMO sull’inquinamento marino, le compagnie di navigazione stanno cercando di capire in che modo ammortizzare i rischi del settore. A partire dal prossimo anno, infatti, sarà obbligatorio fare uso di combustibili marittimi a basso contenuto di zolfo (LSFO), con una riduzione allo 0,5% dall’attuale 3,5%. Per gli armatori, questo significherà solo due cose: o passare all’uso dei nuovi combustibili o installare sistemi di depurazione dei gas di scarico.

 

Tuttavia, pare che nessuna delle due opzioni sia stata testata in modo appropriato, al punto che il settore del trasporto marittimo segnala ancora alcuni problemi sia rispetto all’uso dei nuovi carburanti (più costosi), sia rispetto ai dispositivi scrubbers, che purificano (e riducono) lo zolfo a bordo. Conducendo alcune interviste con i principali attori del settore, Reuters ha mostrato quali siano i livelli di allarme e di preoccupazione, che vanno dalla possibilità di incendi, alle collisioni impreviste a causa di guasti al motore, fino all’inosservanza involontaria delle regole IMO.

 

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Ciò che più preoccupa il settore marittimo riguarda soprattutto la spesa. Il solo settore del trasporto di container, infatti, sta investendo circa 10 miliardi di dollari per rispettare le nuove regole, e il timore aumenta pensando ai possibili costi aggiuntivi in caso di imprevisti. Infatti, numerosi proprietari di navi di grandi dimensioni hanno affermato che mescolare diversi tipi di carburante nuovo e più pulito, ad esempio, può produrre dei residui che potrebbero intasare il motore e, nel peggiore dei casi, danneggiarlo o romperlo. Questo significa avere cura di maneggiare correttamente i nuovi carburanti. Tuttavia, la paura nasce proprio rispetto ai fornitori e ai test che questi ultimi sarebbero obbligati a condurre per verificare la qualità dei combustibili marittimi: “i grandi armatori saranno serviti dalle persone giuste, ma c’è un rischio maggiore per i trasportatori più piccoli”, ha detto a Reuters Hugo De Stoop, amministratore delegato del principale operatore belga di petroliere Euronav.

 

A quanto pare, dunque, la qualità testata dei combustibili marittimi è la più diffusa preoccupazione, al punto che Khalid Hashim, amministratore delegato della tailandese Precious Shipping, afferma che la sua azienda prevede di spendere circa 100.000 dollari all’anno per effettuare i suoi test sul carburante, un costo preferibile all’impiego di combustibili marittimi non testati o la cui certificazione dipende dalla sola Bunker Delivery Note, la ricevuta impiegata per documentare la quantità di prodotto consegnata e, tra le altre cose, il contenuto di zolfo nel combustibile e  sua conformità alle regole.

 

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In altri casi, circa 172 navi per il trasporto marittimo hanno evitato a monte il problema istallando dei motori alimentati a gas naturale liquefatto, privo di zolfo. Tuttavia, questa è un’opzione costosa che in pochi si possono permettere di mettere in atto. Altri armatori ancora, si sono rifiutati di pagare per i nuovi combustibili marittimi con contenuto zolfo allo 0,5%, al momento quotati nel nord Europa a più del doppio del prezzo dei combustibili con contenuto di zolfo al 3,5%.

 

Oltre 3.000 navi (circa il 5% della flotta globale) si doteranno di impianti di lavaggio, cosiddetti scrubber, entro il 2020, in modo da poter pulire i gas di scarico e continuare quindi a utilizzare il carburante esistente. Però, alcuni porti hanno vietato un certo tipo di impianto che scarica i residui di acqua di lavaggio nel mare e gli assicuratori hanno segnalato casi di incendi o corrosione dei dispositivi.

 

Ma c’è di più. La Nautilus International, un sindacato che rappresenta oltre 20.000 lavoratori nelle spedizioni marittime, ha affermato che l’uso di nuovi tipi di combustibili marittimi metterà a dura prova gli equipaggi e le loro attuali competenze, avendo ricevuto segnalazioni di incidenti tra cui la perdita di potenza durante la sostituzione di carburanti, problemi di filtraggio del motore e perdite di carburante. Un problema di fondo, in questo caso, è che le raffinerie di petrolio non sono obbligate a produrre combustibili marittimi su misura. Ciò significa che “l’equipaggio della nave deve testarli e filtrarli”, come ha sottolineato Neil Roberts, responsabile del settore marittimo presso la Lloyd’s Market Association.

 

Dal canto suo, l’IMO ha dichiarato di non avere un mandato per regolamentare l’industria dei carburanti, ma che gli standard internazionali per i nuovi combustibili marittimi e le informazioni sulla compatibilità tra i diversi tipi sono comunque stati emessi. Tuttavia, per le compagnie assicurative, la valutazione della copertura per il settore marittimo è ancora letteralmente in alto mare: per esempio, chi dovrebbe pagare una multa per una nave che utilizza carburante ad alto tenore di zolfo perché non erano disponibili alternative?

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