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Ciorra: rinnovabili e reti digitali, i nuovi obiettivi dell’ENEL

Carbon free al 2050 per Enel, cancellati gli investimenti per le fossili e spostati metà su rinnovabili e metà su reti digitali. Il ruolo della mobilità elettrica nella transizione energetica e il basilare contributo dell’innovazione in questa rivoluzione epocale

Ciorra: rinnovabili e reti digitali, i nuovi obiettivi dell’ENEL

 

Ernesto Ciorra è un acquisto relativamente recente nel macro sistema Enel.

E’ stato scelto da Francesco Starace per sviluppare un nuovissimo percorso aziendale basato, contemporaneamente, sull’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale, un percorso che ha l’ambizioso compito di traghettare l’azienda nel futuro.

 

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Dott. Ciorra, l’AD di Enel Francesco Starace, da qualche anno sta guidando l’azienda verso obiettivi produttivi chiaramente più sensibili alla sostenibilità ambientale. Gli investimenti sullo sviluppo tecnologico delle fossili, ad esempio, sono stati completamente cancellati a favore di quelli sulle rinnovabili e sulle reti digitali ad esse collegate. Cosa sta succedendo realmente in Enel e cosa devono aspettarsi gli utenti?

La rivoluzione non è una, ma sono tante e dipendono dal fatto che il mondo è in continuo cambiamento e che noi vogliamo sopravvivere nel tempo. Per far questo dobbiamo produrre un inquinamento che tendenzialmente sia pari a zero e anzi dovremmo cercare di ridurre i livelli attuali. Ciò significa, dal punto di vista della generazione, di portare il mix energetico ad essere composto unicamente da rinnovabili. Abbiamo la fortuna che la nostra azienda è già leader, in molti Paesi, per il fotovoltaico e, specialmente, per la geotermia. A queste tecnologie stiamo lavorando per aggiungere quella per l’energia marina. L’Enel ha la possibilità di investire pesantemente su queste tecnologie, infatti, quasi il 50% del nostro piano a tre anni è polarizzato su investimenti sulle rinnovabili.

 

L’altro 50% circa è finalizzato allo sviluppo di reti di distribuzione che devono essere digitali in quanto, se non lo fossero, perderemmo grandi opportunità connesse al dispacciamento delle rinnovabili stesse. Quindi le reti digitali rappresentano il complemento delle rinnovabili e la condizione necessaria e indispensabile alla loro diffusione. Oltre a questo esiste il tema delle batterie, batterie intese in due tipologie: da una parte quelle che noi dobbiamo istallare nei pressi degli impianti di generazione per rendere l’uso delle rinnovabili più flessibile e indipendente dalla disponibilità della fonte. Dall’altra le batterie di terzi, prime tra tutte quelle delle auto elettriche che, nel momento in cui il mezzo è parcheggiato, possono essere connesse alla rete per stabilizzare le fonti rinnovabili. Poi ci sono le batterie degli impianti di telecomunicazione, quelle presenti nelle industrie, insomma tutte potrebbero essere tra loro collegate grazie, appunto, alle reti digitali.

 

Torniamo al 50% degli investimenti ENEL sullo sviluppo delle rinnovabili. Quali sono le tecnologie che privilegiate nel vostro piano di sviluppo?

Se osserviamo l’attuale mix di energie rinnovabili, abbiamo principalmente fotovoltaico ed eolico. Esiste inoltre una grande attenzione alla geotermia, e lo conferma il fatto che abbiamo appena inaugurato in Cile l’unica centrale nel sud America. In effetti questo impianto rappresenta non solo una soluzione energetica, ma anche un’importante innovazione tecnologica in quanto è collegato ad una minigrid e ad un impianto che produce idrogeno. Quest’ultimo ha il compito di garantire continuità, indipendentemente dalla produzione, alla copertura del fabbisogno energetico locale. Il vantaggio delle fuel cell rispetto alle batterie convenzionali è che offrono la possibilità di stoccare molta energia in uno spazio relativamente contenuto, oltre ad una durata notevolissima.

 

Mi faccia capire meglio: perché l’impianto cileno è così importante per Enel?

Perché è uno degli interventi più riusciti dal punto di vista della sintesi della nostra visione: lo sviluppo contemporaneo di rinnovabili, reti digitali e innovazione tecnologica.

 

Veniamo al suo ruolo in azienda: lei è il responsabile in Enel dell’innovazione e della sostenibilità. Come è nato questo dualismo?

Diciamo che questa è stata un’intuizione dell’ing. Starace che per la prima volta ha associato l’innovazione alla sostenibilità. Oggi può sembrare una cosa scontata, ma le assicuro che qualche anno fa non lo era affatto. La sostenibilità di azienda, senza l’innovazione, è impensabile e se l’azienda non si innova, è garantito, nel tempo chiuderà.

 

CiorraCon quali modalità un colosso come Enel investe nell’innovazione tecnologica?

Se si vuol fare davvero innovazione tecnologica bisogna aprire alle menti esterne. Immaginare che i ricercatori interni ad un’azienda, benché preparati e numerosi, possano da soli assolvere a questa immensa scommessa con il futuro sarebbe un errore. Per questo abbiamo cercato di intercettare la mentalità di questi innovatori e creatori di star up sapendo che loro non hanno, come primo obiettivo, quello di accumulare ricchezza – se ciò fosse avrebbero fatto scelte diverse – ma di costruire un futuro migliore, più equo ed equilibrato, per il pianeta. E chi ha questa visione non collaborerebbe mai con una società che non sceglie un percorso di sostenibilità. E in questo mi sembra che stiamo facendo un gran lavoro visto che recentemente un rapporto internazionale ci ha indicato come l’azienda numero venti tra quelle che stanno cambiando il pianeta, cioè tra quelle con maggior capacità innovativa e di sostenibilità.

 

La declinazione di innovazione nel mondo dell’energia si differenzia da quella degli altri settori?

Io penso che l’innovazione tecnologica in un’azienda che si occupa di energia vada gestita allo stesso modo di quella di altri settori: rapporti con le star up, con i partner, con i centri ricerca, stimolo delle risorse interne e soppressione della mentalità dell’errore come un’onta aziendale incancellabile sostituendola con la cultura dell’errore come strumento per provare a cambiare le cose. Ciò che risulta completamente diverso è la rilevanza dell’innovazione nel settore energetico rispetto ad altri. Se ad esempio nei settori della telefonia o della moda non si fa innovazione, o si fa più lentamente, non nascono criticità che si ripercuotono sulla qualità della vita dei cittadini. Se invece non si innova il settore dell’energia, o del farmaceutico o quello della biotecnologia medica, ci possono essere ripercussioni immediate sulla vita delle persone. E di questo noi ne siamo davvero consapevoli.

 

Gli Innovation Hub sono gestiti con due diversi approcci. Con il primo andiamo a cercare le start up dove sono numerose e interessanti – e lo facciamo creando un avamposto come abbiamo fatto in Silicon Valley o in Israele e come prossimamente faremo in India e a Singapore – inviamo i nostri innovation manager che riportano le nostre specifiche esigenze lanciano delle challenge in questi ecosistemi, e lì valutiamo quale realtà riesce a proporci le soluzioni più innovative ed utili  a risolvere il nostro problema.

 

Il secondo approccio è di ospitare le start up direttamente nei nostri centri di ricerca. L’idea è di invitare i migliori al mondo a  lavorare con i nostri ricercatori. Noi abbiamo laboratori, attrezzature all’avanguardia, e possiamo anche certificare i test su nuove tecnologie. Ad esempio noi abbiamo un grande centro ricerche a Catania e lì già stiamo ospitando start up.

In entrambe gli approcci le finalità sono identiche: vogliamo aggregare le persone preparate che sono fuori l’azienda con quelle preparate interne avendo l’umiltà di pensare che i migliori non sono necessariamente solo in Enel, ma possono essere anche esterni, anzi spesso quelli esterni sono migliori e vogliono lavorare liberamente, senza strutture organizzative e burocratiche.

 

Voi assorbite la start up che vi propone la soluzione migliore?

Noi siamo una società industriale, non facciamo finanza. Non proponiamo quindi l’acquisto di quote societarie, ma sviluppiamo il percorso innovativo in sinergia, mantenendo le identità di partenza. Se poi individuiamo delle aziende straordinarie sul piano tecnologico, aziende con competenze che colmano i nostri gap  tecnologici, allora le compriamo integralmente.

 

Mi faccia un esempio concreto…

L’azienda si chiama EnerNOC, leader mondiale di un sistema di stabilizzazione intelligente della rete. Funziona attraverso una tecnologia che consente, nel momento di maggior richiesta energetica di un’industria, di non penalizzare la rete, ma di rallentare, automaticamente, il suo processo produttivo  fino al termine dell’extradomanda. In questo modo si evita che il sistema debba stabilizzarsi sempre sul picco massimo per evitare inefficienze.  Noi abbiamo acquisito questa azienda leader con 250 milioni di dollari.

 

Come siete arrivati ad individuare questa azienda?

Sulla base di una grande attività di scouting: in tre anni abbiamo selezionato circa 1700 start up, di queste ne abbiamo incontrate poco meno di 500, e su queste basi abbiamo già sviluppato circa 80 progetti in ambito energia. Questi sono i numeri che evidenziano il nostro impegno sull’innovazione.

 

Quali sono, concretamente, i vantaggi per le start up che si avvicinano al vostro Innovation hub?

Sono diversi. Primo: l’Enel diventa un cliente. Secondo: possiamo diventare un canale per vendere a terzi. Terzo: rappresentiamo il primo cosviluppatore supportandoli nell’intero processo di ricerca. Quarto: se si presenta  l’esigenza di un finanziamento per sostenere la loro crescita, gli mettiamo a  disposizione il nostro network di venture capital sempre pronto ad investire in start up.

E questo è un modello vincente per tutti.

 

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Quali sono, in definitiva, gli ingredienti sui cui si basa l’innovazione tecnologica?

Nell’innovazione occorre un’idea, ma non basta. Serve poi la capacità, il sudore e la determinazione per incrementarla, e infine è indispensabile che interessi qualcuno. A questo proposito ho sviluppato una formula, seguita anche negli USA, in cui l’indicatore dell’innovazione è uguale a creativity x execution x appeal, in altre parole: occorre l’idea buona che vada implementata bene e che piaccia a qualcuno.

 

Spostiamoci adesso in sud America.  Il Cile ed il  Brasile sono due paesi di riferimento per un vostro progetto che si chiama Energy start, di cosa si tratta?

Di un progetto, sviluppato appunto nei due paesi sudamericani, che ci consente di individuare start up, anche minuscole, che rispondono alle nostre sfide indicando soluzioni reali. A questo punto noi offriamo supporto economico, affiancamento da parte dei nostri manager e, se esiste la necessità, presentiamo i nostri venture capital. Infine offriamo la possibilità di avere un’accelerazione della start up negli Stati uniti e precisamente presso il nostro acceleratore  all’Università di Berkeley.

 

Perché proprio l’Università di Berkeley?

Perché si tratta dell’Università pubblica più performante, negli Stati Uniti, per la ricerca nel settore energetico.

 

Perché non avete proposto la creazione dello stesso acceleratore in una Università italiana?

La risposta è molto semplice: un anno di accelerazione a Berkeley ci costa meno di un terzo rispetto ad analoghe collaborazioni con Università importanti italiane.

 

Mi risulta che l’Enel abbia sviluppato una partnership con il Ministero dell’economia israeliana …

Si tratta di un accordo con l’Autorità per l’innovazione israeliana, Organismo interno al Ministero dell’Economia, che prevede varie opportunità. La prima: ci ha messo a disposizione interessanti start up locali proponendoci di selezionarle, in piena autonomia, e di portarle a lavorare in Italia supportando il 50% dei costi da noi sostenuti.  La seconda: ci ha chiesto di realizzare un acceleratore in Israele fornendoci spazi e attrezzature, e supporta il lancio di ogni nostra challenge in modo rapido e capillarmente in tutti gli ambiti di ricerca del Paese con il risultato che in tre giorni tutti sono a  conoscenza della nostra richiesta. E noi stiamo utilizzando questa opportunità lanciando ogni mese una challenge diversa. La terza: si impegnano affinché i nostri ricercatori vadano a fare ricerca in Israele. In tal senso hanno lanciato un bando internazionale, al quale hanno aderito una ventina di multinazionali, per le reti del futuro: smart infrastraction e le smart trasportation. La gara l’abbiamo vinta noi e stiamo per attivare un nostro laboratorio con ricercatori Enel integrati a quelli locali.

 

Il recente rapporto del Tracking Clean Energy Progress della Agenzia Internazionale dell’energia indica il fotovoltaico e l’eolico, la mobilità elettrica e l’energy storage come le uniche tecnologie, tra le 26 sostenibili monitorate, ad essere sul giusto percorso della transizione energetica. Condivide questa analisi?

Direi senz’altro di si. Condivido in pieno aggiungendo forse, all’interno del settore storage, le fuel cells integrate alle rinnovabili.

 

E la geotermia di cui abbiamo parlato?

La geotermia è molto importante, ma la risorsa geotermica, quella a media ed alta entalpia, non è disponibile dovunque. Sono poi valutazioni legate alle attuali performance tecnologiche. Se ad esempio pensassimo ad un periodo lungo, credo che tra venti anni l’energia dal mare potrebbe esser più rilevante delle altre rinnovabili. Quindi se parliamo di un’analisi attuale, non posso che condividere a pieno il rapporto.

 

In quale direzione si sta sviluppando il settore dell’e-mobility firmato Enel? In Europa la sua azienda è stata la prima a testare la tecnologia di ricarica V2G (Vehicle to Grid). Quali risultati ha ottenuto finora?

Le confermo, noi siamo stati i primi al mondo a gestire e testare questa rivoluzionaria tecnologia. In effetti il concetto di V2G è stato sviluppato ben 25 anni fa da un professore americano. Il ruolo però dell’Enel è stato fondamentale perché ha reso possibile il raggiungimento di tre requisiti indispensabili a far funzionare l’intero sistema: il primo: un software che consenta all’auto di caricarsi e scaricarsi. Il secondo: un caricatore che consenta di caricare, ma anche di scaricare l’auto. E il terzo: una piattaforma digitale che connetta le varie batterie delle auto alla rete, cioè al Gestore della Trasmissione o al Gestore della distribuzione. Questa connessione “intelligente” consente, al contrario di ciò che attualmente accade nella maggioranza dei sistemi di ricarica, di gestire in modo bidirezionale il flusso di energia: dalla rete alle batterie e viceversa in funzione delle esigenze della smart grid.

 

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Il primo requisito è stato raggiunto grazie alla tecnologia Nissan che già ha dotato tutte le sue auto della capacità di ricevere, ma anche di cedere energia alla rete. Il secondo, il sistema di caricamento/scaricamento, lo ha realizzato l’Enel ed il terzo è stato raggiunto grazie ad una start up americana diretta proprio dal professore che aveva iniziato la ricerca tanti anni fa. Uno straordinario esempio di opening innovation.

 

A che punto siamo del percorso?

Abbiamo svolto nel 2016 una prima sperimentazione di sei mesi in Danimarca. Verificato che il sistema funzionava, e poteva essere certificato, nel settembre 2016, data che io definisco storica, per la prima volta al mondo abbiamo inaugurato un sistema tecnologico che permetteva ad auto elettriche di serie, parcheggiate normalmente in strada, di dialogare con intelligenza con la rete, ricaricandosi ma anche cedendo energia in funzione delle necessità. Da quella data noi stiamo stabilizzando, con le nostre auto, la rete in Danimarca. E questo servizio ci viene riconosciuto e fatturato nella misura di circa 1500 euro ad auto ogni anno. Questo valore aggiuntivo dell’auto elettrica potrebbe andare a ridurre immediatamente il gap economico per lo sviluppo dell’elettrico.

 

In che modo?

Lei pensi che un’auto elettrica oggi venduta a 30mila euro, dotata di batterie con vita media di almeno 5/6 anni, potrebbe avere un sconto immediato, al momento dell’acquisto, di circa 8000 euro. Ciò consentirebbe da subito di rendere un’auto elettrica meno cara, o al massimo allineata, di un’auto termica.

E l’esperienza danese la stiamo ripetendo in Inghilterra, dove abbiamo ricevuto la certificazione, e abbiamo iniziato anche in Germania e Francia. L’Enel quindi ha inventato una nuova tecnologia, la sta esportando nel mondo molto rapidamente, e questo ruolo di pionieri ch viene riconosciuto da tutti. Il TIMES ci ha indicato come l’azienda che nell’automotive ha realizzato l’innovazione più dirompente. Lei pensi a quando ci saranno milioni di batterie di auto elettriche, collegate in rete, che avranno la capacità di bilanciare il sistema, cosa che adesso facciamo unicamente con il fossile. Basterà ricevere l’1% dalle tante batterie per bilanciare l’intermittenza delle rinnovabili di un determinato momento, senza incidere sull’efficienza dell’intero sistema e senza che nessuno se ne accorga. Si rende conto quale rivoluzione stiamo realizzando?

 

E parliamo proprio del futuro: riuscirà l’Italia a compiere questa tanto discussa transizione energetica e se sì, con quali tempi?

Io sono sicuro di sì. E questa convinzione nasce dalla considerazione che proprio noi siamo coloro che, in grande parte, devono e dovranno aiutare il Paese a fare la transizione energetica. E dico questo perché abbiamo un piano come ENEL Global, cioè in tutto il mondo, di diventare carbon neutral al 2050. E ci stiamo dando già una serie di obiettivi molto virtuosi già al 2030. Sono anche fiducioso perché praticamente tutte le forze politiche italiane si dichiarano convinte della necessità di passare alle rinnovabili e poi c’è l’azione straordinaria di coinvolgimento responsabile e globale di Papa Francesco sui temi della sostenibilità ambientale.

Per queste ragioni sono convinto che la transizione energetica avverrà e credo anche più rapidamente del previsto.