Agli inizi del secolo scorso, quando il petrolio ed i suoi derivati non erano ancora entrati nell’uso comune, lo sviluppo industriale e civile era basato essenzialmente sul consumo di enormi quantità di carbone, con grandi problemi di inquinamento atmosferico. Già allora qualche scienziato si chiedeva perché mai l’uomo, per soddisfare il suo bisogno sempre crescente di energia, dovesse far ricorso alla “energia solare fossile” e non alla energia abbondante che arriva con continuità dal sole. Fra questi scienziati ha avuto un ruolo preminente Giacomo Ciamician, professore di Chimica dal 1889 al 1922 all’Università di Bologna, dove oggi il Dipartimento di Chimica porta il suo nome. Dopo essersi interessato del processo fotosintetico naturale, Ciamician incominciò a studiare in modo sistematico le reazioni fotochimiche di diverse classi di molecole, rendendosi conto che la luce può causare processi del tutto particolari, impossibili da ottenere mediante l’attivazione termica. Naturalmente a quel tempo non c’erano né lampade potenti né, tanto meno, i laser oggi in dotazione di qualsiasi laboratorio di fotochimica. Ciamician, quindi, si dovette accontentare della luce solare per svolgere i suoi esperimenti, come appare da una celebre foto che lo ritrae in mezzo ad una selva di matracci esposti al sole sulle terrazze dell’Istituto di Bologna in cui lavorava (Figura 1).
Cento anni fa, e precisamente l’11 settembre 1912, alla VIII International Conference of Applied Chemistry svoltasi negli Stati Uniti, Ciamician tenne una famosa conferenza dal titolo “The Photochemistry of the Future” (Figura 2) che destò grande interesse: il testo fu pubblicato sulla rivista Science il 27 dello stesso mese (volume 36, pagina 385) e poi fu tradotto e pubblicato in tedesco, francese ed italiano.
In quella conferenza Ciamician affrontò il problema dell’energia con pensieri e parole che colpiscono per la loro lucidità profetica: “La civiltà moderna è figlia del carbon fossile: questo offre all’umanità l’energia solare nella forma più concentrata, accumulata nel tempo d’una lunga serie di secoli. L’uomo moderno se ne serve con crescente avidità e spensierata prodigalità per la conquista del mondo. Come il mitico oro del Reno, il carbon fossile è per ora la sorgente precipua di forza e di ricchezza. La terra ne possiede ancora enormi giacimenti: ma essi non sono inesauribili. Bisogna pensare all’avvenire e sorge allora una domanda: l’energia solare fossile è la sola che possa essere usata nella vita e nella civiltà moderna?” Se alla parola “carbone”, che era a quel tempo praticamente l’unica fonte di energia, sostituiamo “combustibili fossili”, il ragionamento di Ciamician è del tutto attuale.
Dopo aver valutato che “… la quantità di energia solare che arriva annualmente in un piccolo territorio tropicale che abbia una superficie grande come quella del Lazio equivale alla produzione annuale mondiale di carbon fossile” e osservato che “l’enorme quantità di energia che la terra riceve dal sole va in gran parte dispersa”, Ciamician sostiene la necessità di “intervenire sulle piante per farle produrre più abbondantemente materia organica vegetale da convertire in combustibili gassosi”, predicendo così l’uso di biocombustibili.
Nota poi che “La luce favorisce in modo speciale i processi di ossidazione e riduzione” e arriva ad immaginare “pile basate su processi fotochimici”, preconizzando l’effetto fotovoltaico che oggi ci permette di convertire con grande efficienza la luce solare in energia elettrica.
Nella parte finale del suo discorso Ciamician affronta poi il punto cruciale del problema energetico, chiedendosi: “.. se non vi sia modo gareggiare con i processi fotochimici dei vegetali. … In altre parole, se sia possibile fissare con opportune reazioni fotochimiche l’energia solare utilizzando acqua o anidride carbonica”. Pensa cioè che sia possibile sviluppare un processo di fotosintesi artificiale, che è uno degli obiettivi più importati perseguiti dalla scienza moderna: “Le regioni desertiche, dove le condizioni del clima e del suolo vietano ogni cultura, sarà la fotochimica artificiale che le metterà in valore. Sull’arido suolo sorgeranno colonie industriali senza fuliggine e senza camini: selve di tubi di vetro e serre di ogni dimensione – camere si vetro – s’innalzeranno al sole ed in questi apparecchi trasparenti si compiranno quei processi fotochimici di cui fino allora le piante avevano il segreto ed il privilegio, ma che l’industria umana avrà saputo carpire: essa saprà farli ben altrimenti fruttare, perché la natura non ha fretta mentre l’umanità è frettolosa”.
La conferenza si conclude con una visione del futuro energetico dell’umanità su cui dovremmo tutti riflettere: “E se giungerà in un lontano avvenire il momento in cui il carbone fossile sarà esaurito, non per questo la civiltà avrà fine: ché la vita e la civiltà dureranno finché splende il sole! E se alla civiltà del carbone, nera e nervosa dell’epoca nostra dovesse far seguito una civiltà più tranquilla basata sull’uso della energia solare non sarebbe male per il progresso e la felicità umana”.
La “nervosità”, l’inquietudine della nostra civiltà che già Ciamician notava, è oggi accresciuta di fronte a problemi che appaiono ormai troppo complessi per essere governati: l’inquinamento della biosfera, l’effetto serra, la crescente disuguaglianza nella distribuzione del benessere, l’aumento della popolazione, il generale impoverimento delle risorse naturali. E’ necessario che l’uomo, che con la scienza è entrato nella cabina di comando del’Astronave Terra, prenda coscienza dei limiti imposti dalla natura e scelga un piano di viaggio basato sulla sostenibilità ecologica e sulla pace sociale.
Per ricordare questa famosa conferenza e onorare la figura di Ciamician, considerato il padre della fotochimica e il profeta dell’energia solare, il 13 ottobre 2012 si svolge a Bologna presso il Dipartimento di Chimica che porta il suo nome un simposio internazionale dal titolo “The Photochemistry of the Future – 100 years later”.
di Vincenzo Balzani e Margherita Venturi – Dipartimento di Chimica Giacomo Ciamician, Università di Bologna