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Salpa Akademik Lomonosov, la centrale nucleare galleggiante della Russia

centrale nucleare galleggiante

 

La prima centrale nucleare galleggiante russa sta viaggiando nelle acque del Baltico

(Rinnovabili.it) – È stata battezzata con il nome Akademik Lomonosov, ma tra gli ambientalisti è conosciuta come la “Chernobyl dei ghiacci” o il “Nuclear Titanic”. Parliamo della prima centrale nucleare galleggiante della Russia: un reattore da 70 MW che, nel 2019, inizierà a produrre elettricità nelle acque Mare siberiano orientale. Inaugurato nel 2010, l’impianto è salpato in questi giorni dal cantiere di San Pietroburgo in direzione di Murmansk, dove riceverà per la prima volta il combustibile. Una volta “fatto il pieno” di uranio e testato, Akademik Lomonosov sarà rimorchiato fino alla città artica di Pevek, la più settentrionale dell’Asia, ormeggiato a circa 5000 km dal porto e collegato alla rete elettrica cittadina e alle piattaforme petrolifere della zona. Un viaggio lungo un anno che preoccupa anche tutti i Paesi in prossimità della rotta baltica.

 

Johan Friberg, direttore dell’agenzia svedese per la sicurezza delle radiazioni ha fatto sapere che l’ente monitorerà da vicino l’impianto “attraverso la cooperazione con altri paesi e attraverso le agenzie nazionali”. Il produttore dell’impianto, la statale Rosatom, ha tenuto a rassicurare che la centrale nucleare galleggiante possiede un ampio margine di sicurezza in grado di renderla “invincibile a tsunami e disastri naturali”. “L’impianto energetico galleggiante ha incorporato tutte le migliori qualità delle centrali nucleari tradizionali”, ha commentato alla Reuters Vitaly Trunev, capo del Rosenergoatom, filiale di Rosatom. “È protetto da tutti i tipi di danni naturali e tecnici”.

 

Per i critici, tuttavia, l’operazione presenta più di un problema, a cominciare dall’esposizione del reattore alle alte onde e ai venti dell’Oceano Artico. Per Jan Haverkamp, ​​esperto di Greenpeace, “I reattori nucleari che si muovono nell’Oceano Artico rappresenteranno un’ovvia minaccia per un ambiente fragile che è già sottoposto all’enorme pressione dei cambiamenti climatici”. L’impianto galleggiante non ha un sistema di contenimento e, secondo Greenpeace, non è stata effettuata un’adeguata valutazione dei rischi. Coste, iceberg e tempeste sono un fronte di preoccupazione inevitabilmente aperto. Rincara la dose l’ambientalista russo Alexander Nikitin, della Fondazione Bellona, ricordando come il fondo marino della baia di Chazhma, vicino a Vladivostok, sul Pacifico, sia ancora contaminato dopo un incidente durante il rifornimento di un sottomarino nucleare nel 1985. “L’esplosione ha anche ucciso dieci persone e ne siamo venuti a conoscenza solo nel 1993”.

 

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