Il capacity market italiano accelera i tempi sui limiti emissivi
(Rinnovabili.it) – Arriva l’ultimo via libero europeo al capacity market italiano rispetto la normativa comunitaria sugli aiuti di stato. Dopo il primo ok al meccanismo, concesso all’Italia a febbraio 2018, oggi Bruxelles approva anche i nuovi limiti emissivi per gli impianti partecipanti. Gli standard in questione sono quelli definiti dal nuovo Regolamento UE sull’energia elettrica, parte del pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei”, e da norma sarebbero divenuti obbligatori per tutte le centrali fossili del capacity market solo a partire dal 1° luglio 2025. L’Italia ha tuttavia deciso di non beneficiare del periodo transitorio previsto dal regolamento comunitario, e applicare fin da subito tale tetto emissivo, impedendo di fatto agli impianti di generazione elettrica più inquinanti, come le centrali a carbone, di partecipare al mercato di capacità.
Capacity market italiano, come funziona?
L’Italia come altri Paesi europei, ha studiato da tempo un meccanismo di capacità in forma di riserva strategica per il mercato elettrico, per rispondere ai problemi di “adeguatezza delle risorse” rispetto le ultime evoluzione del sistema energetico. La formula scelta dal Belpaese per il capacity market prevede di pagare grandi impianti di produzione elettrica (i fornitori di capacità) semplicemente per la loro disponibilità a produrre energia in caso di problemi strutturali di sicurezza, o in alternativa di remunerare gli operatori della gestione della domanda, per la disponibilità a ridurre i consumi.
Il meccanismo è basato sulle cosiddette reliability options, letteralmente opzioni di affidabilità: attraverso aste centralizzate, Terna procura il livello di capacità richiesto per garantire l’adeguatezza del sistema, firmando contratti di reliability options che saranno poi liquidati a seconda del prezzo del mercato a breve termine.
Lo strumento è stato formulato affinché in futuro anche la capacità straniera possa partecipare alle gare.
Gli aggiudicatari riceveranno un premio (in € / MW / anno, il cui valore risulta dalle aste) in cambio dell’impegno a fornire capacità 4 anni dopo l’asta (il cosiddetto periodo di pianificazione) per un periodo di 3 anni (il cosiddetto periodo di consegna).
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I nuovi limiti si applicano anche alle centrali già esistenti e prevedono che per partecipare al meccanismo gli impianti non emettano più di 550 g di CO2 di origine fossile per kWh di energia elettrica e di 350 kg di CO2 di origine fossile in media all’anno per kWh installato. “Al tempo stesso – spiega l’Unione europea in una nota stampa – per assicurare che il meccanismo rimanga competitivo nonostante l’esclusione di tali fornitori di capacità, l’Italia applicherà una serie di misure che mirano in particolar modo a favorire nuovi accessi, consentendo a capacità di generazione e altre tecnologie più rispettose dell’ambiente, come la gestione della domanda e lo stoccaggio, di sostituire gradualmente le centrali elettriche più inquinanti esistenti”.
Le critiche
Nonostante l’ok europeo, il nuovo capacity market fa storcere più di un naso e non solo nel fronte ambientalista nazionale. In questi giorni Italia Solare ha scritto al vicepremier e ministro allo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, chiedendo una revisione del meccanismo definito “uno strumento di remunerazione di lungo termine a favore delle centrali termoelettriche”. L’associazione sottolinea come l’attuale modello di capacità sia in netta controtendenza rispetto la necessità di decentralizzare e distribuire la produzione energetica. Per Italia Solare si tratta di un sistema che “sarà pagato in bolletta dai clienti finali (fino a 1,4 miliardi all’anno per 15 anni, secondo la Commissione Europea) e in previsione del quale stanno aumentando le richieste di autorizzazione per nuove grandi centrali a fonti fossili”.