(Rinnovabili.it) – La flessione del 45% nel prezzo del petrolio, registrata a partire dalla seconda metà del 2014, è stata ritratta da molti come un vero e proprio colpo di scure per il settore delle energie rinnovabili. In realtà, ci rivela la società di ricerca Bloomberg New Energy Finance, l’impatto sarà decisamente più moderato rispetto a quanto preventivato. Al contrario, in alcune aree del pianeta potrebbe anche fornire un’ulteriore spinta alla diffusione dell’energia pulita.
Gli ultimi cinque anni hanno visto una media di 266 miliardi di dollari l’anno investiti nelle tecnologie verdi in tutto il mondo. La maggior parte di questa somma è stata indirizzata nell’aumento della capacità di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Eolico e fotovoltaico hanno mostrato una crescita sorprendente in uno scenario che ha visto di pari passo diminuire, progressivamente, aiuti e sostegni al comparto. Una crescita, spiega la società, che va imputata soprattutto al forte traino della maggiore competitività commerciale delle tecnologie rinnovabili, nonché alla rimozione di alcune particolari barriere, come i colli di bottiglia della rete.
Non si può certo negare però che con il brent sceso sotto 61 dollari al barile, il settore delle energie alternative sia destinato ad andare incontro a qualche modifica. Se il calo dei prezzi del greggio dovesse perdurare, è molto probabile che venga rallentata la crescita del mercato dei veicoli elettrici. L’analisi di Bloomberg dimostra che con la benzina a 2,09 dollari al gallone, la penetrazione delle e-car negli Stati Uniti raggiungerebbe solo il 3% nel 2020 dall’1% di oggi, mentre con prezzi intorno ai 3,3 dollari la percentuale raggiungerebbe il 9%. Inoltre in un certo numero di paesi produttori di petrolio e in molti paesi in via di sviluppo a basso reddito, una quota significativa dell’energia elettrica è prodotta da generatori diesel e da centrali combustibili. Con il petrolio a 100 dollari il barile, la sostituzione di questi generatori o la loro ibridazione con le rinnovabili stenterà a decollare. Negli Stati Uniti, paradossalmente, un prezzo del petrolio più basso potrebbe però alzare quello del gas, scoraggiando anche i nuovi progetti fracking, e di conseguenza una produzione nazionale di gas ridotta a sua volta contribuirebbe a rendere le rinnovabili ancora più competitive.
“La visione ortodossa della crescita illimitata della domanda di petrolio semplicemente non regge in un mondo di motori super efficienti, veicoli elettrici, disperati problemi di inquinamento atmosferico, e di una progressiva azione per il clima”, ha spiegato Michael Liebreich, presidente del comitato consultivo a Bloomberg New Energy Finance. “Non ci dovremmo concentrare su come il calo dei prezzi del petrolio impatti sul passaggio all’energia pulita, ma su quanto il passaggio di energia pulita stia influenzando il prezzo del petrolio”. Allo stesso modo, l’azienda ha evidenziato come una caduta dei prezzi del petrolio in Europa spingerebbe in basso anche i prezzi del gas (dato lo stretto collegamento esistente tra quantità importate di gas naturale ed indicizzazione ai prezzi del greggio) aiutando gli sforzi di decarbonizzazione europei nella lotta alle centrali a carbone.