Tante speranze, ma basi deboli da cui partire. Il documento sullo stato dell'Unione energetica deve fare i conti su dati parziali, vecchi e disomogenei
(Rinnovabili.it) – Una visione di insieme dei progressi ottenuti rispetto agli obiettivi contenuti nel documento di strategia dell’Unione energetica. È quella che tenta di tracciare il rapporto 2015 presentato ieri a Bruxelles da Maroš Šefčovič, Commissario europeo che coordina il programma. Lanciata lo scorso febbraio, la Energy Union ha compiuto nove mesi e con il documento di ieri tenta di tirare le somme e identificare le aree d’azione principali per il 2016. I target prevedono una diminuzione della dipendenza europea dai combustibili fossili e un aumento della sicurezza energetica e dell’efficienza.
Tuttavia, la carenza di dati comparabili e le molte definizioni poco chiare pongono grossi dubbi sull’effettiva utilità del documento. Lo ha ammesso anche lo stesso Šefčovič, durante la conferenza stampa: «Se vogliamo vedere e misurare i progressi nella costruzione dell’Unione energetica, abbiamo bisogno di avere una chiara lista di criteri, in modo da poter confrontare la situazione come era quando abbiamo iniziato, come stiamo progredendo e dove vorremmo arrivare».
Il rapporto sullo stato dell’Unione è lungo 17 pagine, ma rappresenta più che altro un testo definito «politico», di indirizzo. Più interessante è il «documento di lavoro» che lo accompagna, 91 pagine che spiegano il «progresso verso gli obiettivi della Energy Union». Nel dossier vengono elencate almeno tredici «necessità» per l’ottenimento di informazioni ulteriori e più aggiornate, senza le quali diventa difficile determinare il successo del programma.
Ad esempio, la Commissione ha tra i suoi obiettivi il contrasto alla «povertà energetica». Per questo ha inventato un indice di povertà energetica, ma ammette implicitamente che vi è un grado di arbitrarietà nel modo in cui viene misurata. La stima di questo parametro dipende dalla definizione del concetto di povertà energetica: dal momento che non ne esiste una condivisa a livello europeo, è impossibile calcolare la portata del fenomeno, e di conseguenza i progressi nella sua riduzione.
Maroš Šefčovič, il vicepresidente responsabile per l’Unione energetica, ha tuttavia ostentato ottimismo: «Dopo nove mesi, possiamo dire con fiducia che siamo sulla buona strada per varare l’Unione energetica. I miei messaggi per il 2016 sono chiari. In primo luogo, l’Unione europea dovrebbe continuare a guidare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. In secondo luogo, la transizione dovrebbe essere socialmente equa e centrata sul consumatore. In terzo luogo, le sfide geopolitiche che abbiamo affrontato non scompariranno. Il 2016 sarà anche l’anno in cui porremo le basi di un sistema di governance robusto, fondato su prevedibilità e trasparenza, quello di cui gli investitori hanno bisogno. In sintesi, il 2016 sarà un anno di realizzazioni».