Un piano d’azione nazionale per ridurre del 70% le emissioni del riscaldamento a biomassa
(Rinnovabili.it) – Sono risorse rinnovabili, economiche, programmabili e a km0. Ma soprattutto rappresentano una delle principali voci della bioeconomia nazionale. Parliamo delle biomasse legnose, fonte energetica dalle grandi potenzialità seppur, per molti versi, la meno valorizzata in Italia. Nonostante boschi e foreste siano in continua crescita, la produzione energetica da biomasse legnose appare ancora contenuta; e non sempre in grado di rispondere con efficienza agli obiettivi del Green deal.
Non esiste un unico problema quanto una situazione complessa e multi sfaccettata che passa dalle decisioni politiche nazionali alle scelte dei singoli consumatori. Certo è che questa fonte rinnovabile occupa uno spazio centrale nei consumi di una buona parte delle famiglie italiane. Basti pensare che, nonostante il riscaldamento a biomasse sia progressivamente diminuito negli anni, in termini di apparecchi installati a livello domestico si contano ancora 9 milioni di generatori (dato 2019). Di questi il 76% è alimentato a legna e il 24% a pellet.
I numeri appartengono ad AIEL, Associazione italiana delle energie agroforestali, da anni impegnata a promuovere una responsabile e sostenibile valorizzazione energetica di questa risorsa. La realtà associativa è anche la prima ad aver definito un piano nazionale in grado di allineare le esigenze termiche quotidiane con quelle della tutela ambientale e della qualità dell’aria. Un impegno riassumibile in due parole: “Rottamare ed Educare“. Questo il nome della strategia di sensibilizzazione di AIEL creata per assegnare alla filiera legno-energia il giusto ruolo all’interno della transizione verde.
Le biomasse nella transizione energetica italiana
Il Governo italiano sembra pronto a concedere nuove attenzioni alle biomasse legnose come parte di una più ampia politica di transizione ecologica. “La produzione di energia rinnovabile dal settore agricolo e forestale può essere migliorata, poiché l’Italia è al di sotto della media dell’Unione europea nonostante un potenziale significativo di produzione di biomassa, energia solare ed eolica”, ha spiegato qualche mese fa il nuovo ministro alle politiche agricole, Stefano Patuanelli nel suo discorso programmatico. “Si dovrà anche tutelare il patrimonio boschivo nazionale, con una corretta valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta”.
E se nel PNRR le energie “forestali” sono inserite in un programma ad hoc – “le Green Communities” – per lo sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna, nel PNIEC (Piano Nazionale integrato Energia-Clima) il discorso si fa più esaustivo. L’attenzione è in parte puntata sull’opportunità di una valorizzazione energetica delle biomasse nostrane unitamente alla capacità di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico attraverso l’assorbimento della CO2. In linea con quanto chiesto da nuovi target UE, l’Italia dovrà ampliare la percentuale di consumi finali coperti dalle rinnovabili termiche entro il 2030. Ciò significa anche instradare la crescita del segmento agroenergie in un percorso di piena sostenibilità.
Le biomasse solide rappresentano attualmente la fonte rinnovabile più utilizzata per il termico, soprattutto in ambito domestico. Per far progredire il comparto delle fer è dunque necessario affrontare il problema delle emissioni inquinanti per questi apparecchi. Non è un mistero, infatti, che il riscaldamento a legna, in Italia come altrove, rappresenti una significativa fonte di polveri sottili.
Nel Piano nazionale si puntano i riflettori sull’installazione di nuovi impianti di riscaldamento a biomasse “ad alta qualità ambientale e ad alta efficienza”. “Si intende incoraggiare – si legge nel PNIEC – il rinnovo degli apparecchi domestici di combustione della legna a vantaggio di quelli più efficienti e meno emissivi, che rispettano i migliori standard con classificazione ambientali (D.M. 186/2017), vagliando anche l’ipotesi di strutturare misure utili a finanziare la ricerca e l’innovazione tecnologica per questa tipologia impiantistica, al fine di ulteriormente migliorarne le prestazioni energetiche e ambientali”. Questi interventi dovranno contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici a breve e medio termine: un consumo finale di 7.128 ktep di bioenergie nel riscaldamento al 2025, passando a 7.430 ktep nel 2030.
“Rottamare ed Educare” per il futuro del riscaldamento a biomasse
L’esigenza di “rinverdire” il comparto rappresenta il cuore dell’azione di AIEL contenuta nel nuovo libro bianco “Rottamare ed Educare. Il futuro del riscaldamento a legna e pellet”. Il documento propone un approccio concreto rispetto a quanto richiesto nel PNIEC, definendo fin da subito come ridurre il problema emissivo.
Quando si parla di impianti termici a biomasse è necessario fare alcune precisazioni. La tecnologia è cambiata molto negli anni, migliorando efficienza ed emissioni. Ma la maggior parte del parco installato risulta vecchio e obsoleto. Attualmente in Italia gli apparecchi a legna e pellet con più di 10 anni alle spalle rappresentano il 70% del totale. Ben 6,3 milioni di impianti che contribuiscono all’emissione dell’86% del PM10 derivante dalla combustione domestica della biomassa. Confrontando soluzioni vecchie e nuove, salta subito agli occhi una notevole differenza emissiva, con valori dalle 4 alle 8 volte superiori per le tecnologie più datate.
La strategia di AIEL indica come colmare questo gap impostando un obiettivo ambizioso: ridurre del 70% le polveri sottili rilasciate dal comparto entro 10 anni.
Per centrare il target, il libro bianco traccia due percorsi paralleli: uno dedicato all’accelerazione del turnover tecnologico; l’altro focalizzato sulla sensibilizzazione degli utenti.
Nel dettaglio AIEL propone di incentivare la sostituzione dei generatori più vecchi ed inquinanti, ad un ritmo di 350.000 apparecchi l’anno. Come? Rafforzando e ampliando strumenti già esistenti, come il Conto Termico. E attivando bandi di finanziamento locali a sostegno del rinnovo tecnologico nelle Regioni del Bacino Padano.
Nel contempo è necessario condividere le giuste informazioni. Come ad esempio quelle sulla certificazione dei combustibili, sull’importanza di un’installazione a regola d’arte e di una manutenzione periodica, o sul corretto uso degli apparecchi. Elementi come un insufficiente tiraggio del camino, un sovradimensionamento dell’impianto o semplicemente condizioni tecniche inadeguate possono aumentare fino a 10 volte l’emissione di PM10 e di carbonio organico. Un ruolo lo hanno ovviamente anche i professionisti del settore. Il Piano chiede di investire a livello regionale, nella formazione di progettisti e installatori-manutentori di impianti a biomasse.
Perché si tratta di misure importanti? Perché impiegare risorse naturali come legna e pellet nel riscaldamento comporta una serie di benefici socio-economici per il territorio, soprattutto nelle aree marginali o montane. Permette di garantire un’indipendenza energetica, di creare filiere corte locali capaci di valorizzare materiali di scarto e sottoprodotti, di sostenere l’occupazione italiana.
Le imprese italiane coinvolte nella filiera ‘dal bosco al camino’ – spiega l’associazione – sono circa 14.000 con oltre 72.000 occupati. “Il turn over tecnologico supportato dagli incentivi con la sostituzione di 350.000 apparecchi all’anno […] genererebbe un aumento delle vendite di apparecchi di riscaldamento domestico di nuova generazione stimato in oltre il 40%. Questa crescita porterebbe benefici a tutto il settore e all’indotto, in termini sia di fatturato sia di nuovi posti di lavoro”.
In collaborazione con AIEL