Tra gli emendamenti segnalati alla Camera spuntano due diverse richieste di modifica per abbassare l'aliquota dell’imposta sul valore aggiunto al 10% o 5%
L’Italia è uno dei Paesi con la più alta aliquota IVA sul pellet
(Rinnovabili.it) – Potrebbe alleggerirsi il prezzo dei pellet sul mercato italiano. La proposta è stata inserita tra gli emendamenti alla legge di Bilancio 2023, oggi in mano alla Commissione V della Camera dei deputati. Nel dettaglio nel fascicolo di emendamenti segnalati appaiono due proposte di modifica per abbassare l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) per il pellet, che attualmente è del 22%. Entrambe intervengono sulla Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 ma in maniera differente. La prima a firma degli onorevoli Fornaro, Serracchiani, Guerra, chiede di inserire il combustibile tra i beni e servizi soggetti ad un’IVA del 5 per cento. La seconda, presentata dagli onorevoli Molinari, Foti, Cattaneo e Lupi, chiede di includere i peli tra i prodotti con IVA al 10%.
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Le misure sebbene con portate differenti puntano allo stesso scopo: calmierare il prezzo del combustibile da riscaldamento. Trascinata dai rialzi del prezzo del gas, anche la biomassa legnosa ha fatto lievitare i costi in questo 2022. Al punto che se per comprare un pacco da 15 kg di pellet lo scorso anno bastavano 4 euro, oggi ci voglio almeno 12-15 euro in media. Un costo su cui l’IVA incide sensibilmente.
E come ricorda oggi l’AIEL, attualmente l’Italia è uno dei Paesi con la più alta aliquota su questo combustibile. Non è stato sempre così. Fino al 2014 infatti l’IVA sul pellet era fissa al 10% ma la Legge di Stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014 n 190) ha innalzato l’aliquota al 22%. “La riduzione strutturale dell’aliquota IVA sul pellet porterebbe un immediato contrasto alla povertà energetica”, commenta l’AIEL in una nota stampa. “E sarebbe in linea con quanto fatto da altri Paesi dell’Unione europea, come Spagna, dove l’Iva è stata recentemente portata dal 21% al 5%, e Croazia, in cui, attraverso due differenti azioni politiche, l’imposta è stata prima ridotta dal 25% al 13% e poi dal 13% al 5%.”
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